«Nessuno è tanto privo di senno da preferire la guerra alla pace: nella pace i figli seppelliscono i padri, in guerra, invece, i padri seppelliscono i figli». È la lucidità di Erodoto a chiarire come la guerra rappresenti uno stravolgimento naturale dello stesso corso della vita. E da allora, tutte le generazioni di uomini si sono interrogate sullo spargimento – tanto disumano quanto connaturato alla storia – di sangue provocato dalla battaglia.
Nel secondo incontro del ciclo organizzato da Varesevive e dedicato alla Settima Arte, Matteo Inzaghi si è soffermato sulla cinematografia americana tra propaganda e progressismo: un viaggio che, dalle pellicole dedicate alla Guerra in Vietnam, arriva fino ai contemporanei conflitti in Iraq ed Afghanistan.
"Il cinema americano – spiega Inzaghi – affianca e talvolta precede la differente percezione popolare delle violenze e dell'odio. Così, la guerra assume, con il passare del tempo, il volto spaventoso della prepotenza neo-colonialista, della propaganda e dell'auto-giustificazione politica, della ribellione della coscienza critica".
Le citazioni incalzano e Inzaghi inanella una serie di titoli: Sentieri selvaggi, diretto da John Ford, Scarface, scritto da Oliver Stone e diretto da Brian De Palma, I cancelli del cielo, scritto e diretto da Michael Cimino, Berretti verdi di John Wayne, Il piccolo grande uomo, diretto da Arthur Penn e basato sull'omonimo romanzo di Thomas Berger. Come Soldato blu, dello stesso anno,
quest'ultima pellicola affronta il tema degli Indiani d'America da un punto di vista nuovo per l'epoca.
Intanto l'America, negli anni della contestazione, si spacca ed emerge tutto il dissenso verso la carneficina che si sta consumando in Vietnam. "Il problema – commenta Inzaghi – riguarda tanto la fondatezza e la legittimità dell'operazione, quanto le perdite umane. Nel cinema, la guerra smette di essere un semplice racconto, diventando, invece, una sorta di macro-riflessione nazionale. Negli anni '80, durante il potere di Ronald Reagan, eletto presidente degli Stati Uniti dal 1981 al 1989, scoppia il fenomeno di Rambo".
Con Platoon, del 1986, diretto da Oliver Stone e con Apocalypse now del 1979, diretto da Francis Ford Coppola (liberamente ispirato al romanzo di Joseph Conrad Cuore di tenebra) ci si trova davanti a due giganti della cinematografia di tutti i tempi.
"Il cinema ora non si limita ad essere semplice amplificatore degli eventi bellici mondiali, ma diventa un vero microscopio dell'animo umano".
E dopo "il caso" Oliver Stone, Inzaghi accenna anche alle pellicole di Stanley Kubrick (New York, 26 luglio 1928 – Harpenden, 7 marzo 1999): Full Metal Jacket, Il dottor Stranamore e Orizzonti di gloria.
"Proprio negli anni a noi più vicini, negli anni del conflitto in Afghanistan (ad oggi, solo in Africa, sono 24 gli Stati in guerra), le pellicole che mettono a tema la guerra stanno raggiungendo un numero pari, o forse superiore, a quanto si è prodotto sulla guerra del Vietnam. Un fenomeno allarmante ma forse meno dichiarato, che richiede la stessa analisi e il medesimo livello di guardia".