"L'opera esiste al di là delle apparenze che sono sempre frutto della volontà. L'opera in quanto frutto della libertà sarà evidenza". Questo significativo pensiero, scritto recentemente da Bruno Querci, ha dato l'avvio alla conversazione tra l'artista e Francesca Pola, evidenziando nell'associazione di luce e libertà il senso fondante il suo lavoro. Come ha sottolineato la curatrice "la luce è per l'artista uno strumento di evidenza o meglio di auto-evidenza di una verità e di un esistere che si presentano attraverso l'opera". L'autore è dunque "un mediatore, uno strumento di un infinito che diviene finito tangibile attraverso la pittura".
Dato che il porsi in dialogo, in una condizione di apertura e di ascolto, è condizione essenziale per rapportarsi all'altro e quindi anche per avvicinarsi all'arte, abbiamo deciso di proporre ai lettori alcuni stralci della conversazione, mantenendoli nella forma dialogica originaria.
Francesca Pola: Vorrei partire dall'opera Dinamicoluce,
che è collocata sulla scala e accoglie i visitatori all'ingresso della mostra, chiedendo a Bruno Querci il significato di questo titolo, una sorta di neologismo ibrido.
Bruno Querci: Dinamicoluce è un lavoro basato sul
dinamismo di due tele che si interconnettono secondo due vettori, uno ascendente e uno discendente, scambiandosi le qualità. Ormai da molti anni lavoro sull'uso dei soli bianco e nero che sono da me intesi non come pigmenti, ma rispettivamente come luce e come materia esistenziale, materia base per costruire.
Francesca Pola: All'interno del percorso della mostra sono stati selezionati tre lavori sia in relazione alla collocazione sia per dare un'ampiezza di veduta sul tuo lavoro, che si basa appunto su questa "finta bicromia". Il bianco e il nero non sono infatti da te considerati come colori, ma in un certo senso come diverse gradazione di luce. L'opera intitolata Infinitotraccia del 2010, esposta in una sala di Villa Clerici, rappresenta un altro modo per rendere la luce, per "rendere finito l'infinito", come mi
hai detto una volta con una frase molto icastica.
Bruno Querci: Per me il fattore della luce è la condizione base per poter avere l'avvento dell'immagine compiuta. La luce funge come da collante, da catalizzatore per dare il senso finito a questa forma. La luce significa attivazione della forma, divenire di una forma possibile.
Francesca Pola: Sempre a proposito di questo discorso sulla luce vorrei parlare dell'opera Minimo del 2007, anch'essa esposta in mostra, perché, come emerge dal titolo, è una sorta di archetipo, caratterizzato da questa unica frattura e unico corpo di addensamento luminoso.
Minimo ci fa capire come il tuo non sia un lavoro di composizione, che si basa su qualcosa di esterno all'opera, ma al contrario sia una ricerca che vuole "uscire" dalla superficie limitata dell'opera.
Bruno Querci: Non mi interessa il fatto della composizione, ma della formazione. Io non vedo la pittura per raccontare, ma per formare qualcosa che, come hai detto tu, è "fuori" dall'opera. Minimo sta in questo caso per massimo. Il minimo formale è uguale al massimo della concretezza, della presenza. La luce, in quanto strumento di formazione dà ragione a questo minimo, a questa figura non composta, ma formata.
Comporre è sempre un'astrazione mentale, formare è invece un qualcosa che ti travolge. L'opera sarà quindi frutto di una non-volontà, perché la pittura, come abbiamo detto all'inizio di questa conversazione, esiste al di là delle apparenze di superficie.
Luce e immagine. Incontro con l'artista Bruno Querci
evento collaterale della mostra
Immagine della luce. Artisti della contemporaneità internazionale a Villa Clerici
a cura di Paolo Bolpagni e Francesca Pola
Villa Clerici, Galleria d'Arte Sacra dei Contemporanei
Milano, via Terruggia, 14
Dal 13 maggio al 4 luglio
Il prossimo incontro sarà con lo scultore Mauro Staccioli martedì 26 giugno alle ore 18:30. L'artista descriverà la genesi dell'opera realizzata per la mostra