Se n'è andato. E ora a portare avanti l'arte straordinaria della scultura e il mestiere ci penserà il figlio Gianni. Virginio Gussoni, 69 anni, è scomparso il 26 luglio nella sua casa di Viggiù, terra natia di più di una dinastia di scalpellini, i celebri "picasass" che hanno fatto grande il nome della Valceresio in tutto il mondo.
Lisetta Buzzi Reschini, in un commosso e sentito contributo, ricordava: "Era figlio d'arte, il "Ginetto", cresciuto alla bottega del padre quando in paese proliferavano ancora le cave di quella pietra grigia che aveva portato il nome di Viggiù Oltreoceano e le botteghe dei marmisti forgiavano scalpellini e scultori di valore. L'intelligente sensibilità artistica, la conoscenza profonda dei materiali e delle tecniche di lavorazione avevano portato Gussoni a diventare il "braccio operativo" di Floriano Bodini. Fra i tanti artisti per i quali, come accade, lo "scalpellino" viggiutese aveva lavorato, la collaborazione col maestro di Gemonio era quella che gli aveva dato maggiori soddisfazioni sul piano umano e professionale. Il loro rapporto artistico si era trasformato nel tempo e sino alla scomparsa di Bodini, in una vera e propria simbiosi che aveva arricchito entrambi. (…) Le opere scultoree più famose di Bodini, come la statua in marmo di Carrara di Santa Brigida, alta circa 5 metri e affiancata al crocifisso di 2 metri, per citarne una, collocata nell'abside della Basilica di San Pietro in Vaticano, a Roma, è nata dalle mani di Virginio Gussoni, nel laboratorio sotto la casa che si affaccia sulla Valceresio. La statua in gesso, grazie a lui ed alla generosità della famiglia Bodini, si può ammirare anche a Viggiù, in Villa Borromeo, di proprietà del Comune".
E per Gussoni si può ben parlare di intelligenza creativa, di desiderio di far bene, di volontà di dare un futuro al passato e alla tradizione del mestiere di scultore. Nel 2006, Artevarese lo aveva incontrato, domandandogli come e da dove nasce il lavoro di scalpellino: "Osservare attentamente e interpretare il modello dell'artista. A me viene naturale, con gli anni mi sono fatto l'occhio e so
come va trattato il marmo, la pietra, il granito. Gli artisti non sempre si rendono conto delle proprietà e delle possibilità della materia. (…) E' fondamentale il tipo di rapporto che si crea. Non deve stupire che l'artista ci mette l'idea, il disegno, il modello, e ad altri tocca l'esecuzione del lavoro. E' sempre stato così, nella scultura. Tutti gli scultori si sono serviti di aiuti, di una bottega, Michelangelo compreso. (…) Certo, anche nel mio caso ho lavorato con artisti che non cercavano il dialogo e con altri più disponibili. La mia idea è di lavorare insieme all'artista, che ci sia uno scambio e anche una discussione. Poi, è ovvio, l'ultima parola spetta all'artista, che firma l'opera. (…) A scegliere i blocchi di marmo mandava me, a Carrara: mi chiamava "ginecologo", tanto ero pignolo. Mio padre, che mi ha insegnato questo mestiere, che mi faceva arrabbiare perché a lui veniva tutto facile, diceva che il 50% del risultato di un'opera sta nel materiale. Se la materia di partenza è buona, tutto diventa più facile e soprattutto il cliente non avrà mai da ridire".
Un particolare ringraziamento a Francesco Rizzi, del Museo Butti, che ha inviato in Redazione una preziosa testimonianza fotografica.
La pubblichiamo, questa settimana, in allegato.