La ricerca di Gaspare, con l'uso complementare sia di tecniche e materiali tradizionali sia di oggetti poveri e quotidiani, si apre a un confronto dialettico con la storia dell'arte, della cultura e della scienza, basandosi anche sull'idea di un rapporto ciclico tra l'essere e il nulla, di distruzione e rigenerazione delle forme e della materia; il suo lavoro, oltre all'idea di "metamorfosi" – tramite l'uso del fuoco, della cenere e con la prassi della stratificazione – esprime anche una "sintesi", materiale e metaforica, della propria memoria e della memoria storica e collettiva.
Il tempo è protagonista dell'azione creativa. La scelta quasi ossessiva del nero – sintesi materica di tutti i colori – è legata all'idea del nulla, di enigma e assoluto espresso da quello che probabilmente è l'unico vero "non-colore".
Un nichilismo attivo e ciclico, aperto a riflessioni sul contesto della nostra contemporaneità.
Nel catalogo della mostra aperta a Lecco, pubblicato da SabinaMelesiEdizioni, sono raccolte alcune riflessioni dell'artista, un testo critico di Giorgio Bonomi e una conversazione dell'artista con Chiara Gatti.
La mostra personale Gaspare Works / Words 2008 / 2012 presenta varie serie di lavori, alcuni già noti altri inediti, del giovane artista e critico italiano.
Nel ciclo Opera (2008-2012) l'artista realizza "tele nere" quadrate stratificando materiali eterogenei (olio, tempera, carbone, china, acrilico, etc…) ai quali aggiunge la cenere di alcune sue opere bruciate in precedenza.
Lo stesso procedimento è seguito nella serie di tele rettangolari intitolata Art Notes (2011-2012), dove la cenere usata è quella dei propri fogli di appunti creativi e storico-critici.
Nella serie inedita Ostrakon (2010-2012) l'artista ha inciso il proprio nome su piccoli frammenti di terracotta dipinta di nero, metafora di solitudine e fragilità dell'uomo e delle sue opere.
I lavori su carta della serie Gaspare (2011-2012) sono ottenuti scrivendo e poi "sovrascrivendo" il suo nome centinaia di volte ruotando il foglio sui quattro lati, generando così, per stratificazione e intreccio, un "semplice" groviglio d'inchiostro nero.
La scrittura si nega e si rigenera contemporaneamente tramite l'autoannullamento del soggetto.
Inedito anche il ciclo Corpus Vitrearum (2012) composto da numerose "bottiglie" di vetro; in ciascuna bottiglia sono raccolte le ceneri di un suo lavoro, su tela o su carta, ottenuto sempre con la prassi di stratificazione di materiali eterogenei, e l'acqua coloratasi di nero durante la realizzazione del lavoro stesso.
Una nuova armonia chimico-fisica, "essenza" del processo e dell'opera.
I cubi della serie Brain (2012; ciascuno del formato di circa 11x11x11 cm), alludono al volume del cervello umano, all'idea del pensiero e della sua "energia", della costruzione/distruzione dell'attività pensante e creativa; una versione infatti è in legno "carbonizzato", un'altra in cera, una candela cubica che si distrugge (o si trasforma) bruciando.