Oltre novanta auditori, fra cui molti giovani, hanno partecipato alla conferenza dedicata alla chiesa di S.Pietro di Gallarate, dal 1864 monumento nazionale. Una serata in cui sono state ripercorse le tappe salienti della vita dell'edificio attraverso le fonti documentarie, e il progetto di restauro avviatosi fra Ottocento e Novecento.
Relatori della serata due giovani, ma già autorevoli, studiosi di "cose gallaratesi", l'Avvocato Massimo Palazzi e l'Architetto Matteo Scaltritti, che hanno raccontato in due interessanti interventi le vicende dell'edificio precedenti al restauro, così come raccontano gli storici e le cronache antiche e la realizzazione del restauro stesso.
Come ha sottolineato l'Avvocato Massimo Palazzi, sono parecchie le immagini che possono emergere dall'edificio, come quella raffigurata, ovvero trasmessa da dipinti, incisioni, stampe. Oppure l'immagine vissuta, ovvero come la gente vive una certa realtà, o ancora l'immagine vulgata, cioè quella trasmessa, tramandata.
Sono le fonti documentarie a raccontare la storia di S.Pietro di Gallarate, fin dalle sue origini, ancora poco chiare. Certa è la prima attestazione dell'edificio, un documento del 1364, una supplica a Galeazzo Visconti dei fratelli Lo Meno, famiglia che poi ottenne la castellania sulla chiesetta. Nel corso del XV secolo l'edificio fu trasformato in fortilizio durante il periodo di lotte con i Milanesi: non fungeva più solo da luogo religioso, ma anche da luogo di riunione del governo della città. E in questa veste fu coinvolto nella strage del giorno 8 ottobre 1521, perpetrata dai Milanesi. Infatti i Gallaratesi qui si rifugiarono, per sfuggire, invano, alla strage e la chiesa stessa fu posta sotto assedio.
Questi eventi mutarono l'aspetto di S.Pietro. Fu così fortificata, con merlature e camminamenti, ma priva del tetto; al suo interno esisteva il laboratorio di un falegname e addirittura il mattatoio di un macellaio, Girolamo Masera; dal Cinquecento, come mostrano le immagini, gli furono addossate delle piccole abitazioni. Tali costruzioni rimasero fino all'inizio del Novecento, nonostante il cardinal Borromeo avesse imposto di restituire un aspetto consono alla struttura e qualcosa fu messo in atto quasi un secolo dopo l'arrivo del Cardinale!
Ma le fonti raccontano anche la vita di tutti i giorni, gli episodi divertenti, non solo assedi e distruzioni. Ad esempio lo storico Luigi Riva racconta la processione delle Quarant'ore, in cui sfilavano tutte le donne della città, sotto lo sguardo dei ragazzetti locali, fra scherzi poco adatti a una processione religiosa. Oppure si ricorda l'albero della libertà, qui costruito nel 1796, alto quanto il campanile della chiesa.
Una nuova epoca, un nuovo aspetto: ecco il risultato degli interventi che nel giro di quindici anni, a cavallo fra i due secoli, diedero a S.Pietro la forma che noi oggi vediamo e dal 1911 ad oggi rimasta pressoché invariata. Sono gli anni migliori per Gallarate, divenuta città nel 1860, che vive un grande sviluppo economico e vuole così recuperare l'antichità di un edificio che è un simbolo della cittadinanza stessa. A quegli anni risalgono importanti interventi, come l'ospedale, la nuova basilica, le tratte ferroviarie verso Milano e Varese e la fondazione della Società Gallaratese per gli Studi patri.
Fu la neonata Società ancora nei suoi primi ordinamenti a proporre un intervento su S.Pietro, per riportarlo al suo aspetto originario. Il primo progetto, del 1897, fu quello di Luigi Perrone, messo in atto, fra dubbi e perplessità, tra quell'anno e il 1911. La demolizione delle strutture aggiunte, come la sacrestia, provocò difficoltà fra la Fabbriceria, preoccupata per il culto e il Comune, più volto verso problemi logistici e di traffico. I primi interventi riguardarono il lato nord e il campanile, mentre per la sacrestia si tentò una mediazione, con l'edificazione di una nuova sacrestia.
Nacque un Comitato per i restauri di S.Pietro, volto alla raccolta dei fondi, allo scopo di comprare le case addossate alla chiesa. Si iniziò con il campanile, nel 1903 e poi con il lato sud. In tal modo vennero alla luce le vecchie finestre e le colonne che decorano ancora oggi i lati. Nel 1904 si lavorò in facciata; nelle parti superiori dell'edificio, dove le fonti testimoniano la presenza di volte e di affreschi che le decoravano, le volte furono demolite e venne costruito un tetto a capriate.
Anche l'abside esagonale fu distrutta in quegli anni, e quella oggi visibile è una ricostruzione edificata, come annotano le fonti, sulla struttura di una abside più antica intercettata durante i lavori. L'alzato odierno è quindi arbitrario, non filologicamente corretto e già all'epoca dell'intervento le critiche non mancarono. Aperto anche il problema della facciata, che vede due linee di pensiero, ovvero il ripristino di una facciata romanica, dall'altra invece una maggiore cautela esecutiva. L'architetto Perrone propose un progetto, poi messo in atto, che prevedeva l'intervento solo sul loculo, lasciando inalterato il resto. E così nel settembre del 1909 i lavori erano pressochè completi.
Da allora S.Pietro spicca nel centro di Gallarate, come simbolo senza dubbio artistico, storico, ma soprattutto come simbolo di identità culturale, voluta e recuperata dalla cittadinanza.
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