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Un profondo legame con la terra – Nelle opere di William Congdon si ritrova tutta la suggestione che l'artista provava nei confronti del mondo, nelle sue innumerevoli sfaccettature. Instancabile e curioso viaggiatore, Congdon sapeva cogliere l'essenza di ogni luogo che visitava: dal deserto del Sahara alle grandi metropoli come New York, dalle isole greche alla città di Bombay.
Il suo legame con la terra è sempre stato fecondo, e spesso corrisposto, con la terra che gli lasciava segni e messaggi: come quando, camminando nel deserto, incontrò per caso un'impronta di piede, unica e isolata, in mezzo alla sabbia, come solitaria traccia lasciata da un invisibile personaggio senza volto passato anche lui per quella via. E quella stessa impronta, rimasta come segno indelebile nell'animo dell'artista, si ritroverà poi in una sua opera, quando, nel rappresentare il paesaggio desertico, e notando la mancanza di qualcosa, l'artista si sentì ispirato a imprimere il suo stesso piede nel colore pastoso sulla tela, quasi a restituire il gesto ricevuto tempo addietro.
Le sue opere, in riproduzione ufficiale dell'archivio della "The William G. Congdon Foundation", sono in mostra all'Università del Melo di Gallarate, e sarà possibile vederle fino al 23 di novembre.
Questa manifestazione, che la Fondazione ha deciso di proporre in collaborazione con la Cooperativa sociale "Il Melo onlus", si articola in due momenti: la presentazione inaugurale, che si è tenuta la sera di sabato 20 ottobre con un'esposizione del prof. Rodolfo Balzarotti, direttore scientifico della Fondazione Congdon, che ha permesso di immedesimarsi nel lungo e tormentoso percorso umano e artistico di Congdon grazie ad una sequenza di parole e immagini; e poi la mostra vera e propria, con fotoriproduzioni delle più belle immagini che Congdon ha prodotto nel suo lungo soggiorno nella terra lombarda.
In questo celebre pittore americano la terra lombarda ha trovato uno dei suoi più grandi cantori: egli è infatti riuscito a tradurre nei colori e nella materia dei suoi dipinti la varietà delle colture e i ritmi stagionali della pianura che si estende a sud di Milano, dove egli ha vissuto gli ultimi vent'anni della sua vita, forse i più prolifici. Le sue opere di questo periodo mostrano, da un lato, una fedeltà al dato naturale, colto nella sua
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specifica fisionomia di tempo e di luogo, e, dall'altro, la capacità di penetrarlo fino a raggiungere la sua struttura più intima, il dinamismo che lo porta a superarsi sempre in quell'"oltre" invisibile – o forse, meglio, ultra-visibile – da cui esso scaturisce.
Molte le opere che rappresentano i tipici paesaggi agresti della Lombardia, come nell'opera "Campo orzo" del 1982, nella quale, con assoluta semplicità, viene colto lo spirito della terra, nella sua linearità e nella sua purezza: poche linee definiscono i campi e il sentiero, e pochi colori riempiono gli spazi con una resa cromatica profonda e perspicua.
Altre opere raffigurano invece la Croce, tema assai ricorrente dopo la conversione dell'artista, che divenne estremamente interessato al corpo umano, ma visto nel suo legame indissolubile con la sofferenza, la croce appunto, ma anche nel suo legame con la salvezza incarnata nel Crocifisso. Un arte che è stata in grado di penetrare nel vissuto umano, persino nei suoi momenti di dolore, per riportarlo alla luce e alla vita con immagini e colori.
La mostra, organizzata all'interno del programma del grande festival cittadino DUEMILALIBRI 2012, e intitolata "Le stagioni della terra e i giorni dell'uomo", è un omaggio dedicato al grande pittore americano in occasione della ricorrenza della sua nascita, avvenuta esattamente cento anni fa, nel 1912 a Providence, Rhode Island.
"Le stagioni della terra e i giorni dell'uomo"
Mostra di William Congdon
Dal 20 ottobre al 23 novembre 2012
Gallarate, Università del Melo, via Magenta 3
Orari: tutti i giorni dalle ore 16.00 alle ore 19.00
Ingresso liberoù
Info: Tel. 0331 708224 – 0331 776083