Prosegue il nostro viaggio, alla scoperta dell'edificio intitolato a Sant'Antonio. Sulla parete occidentale della chiesa si trovano affreschi che presentano stringenti affinità stilistiche con quelli dell'abside sinistra: questi si possono ricollegare, secondo la mia opinione, alla produzione di Guglielmo da Montegrino.
Di Guglielmo non restano precise notizie biografiche, ma solo tracce pittoriche in diverse località della provincia di Varese che permettono di circoscrivere la sua attività tra il 1482 ed il 1522.
Questi affreschi sono stati recentemente riportati alla luce: si tratta di una Madonna in trono con santi nella fascia inferiore, di una Trinità in quella superiore.
Purtroppo a causa di diffuse cadute di colore, le immagini risultano oggi sbiadite.
Tuttavia si può ancora comprendere con chiarezza quali santi siano rappresentati.
Sono da notare alcune lacune consistenti che devastano la zona inferiore dell'affresco: sono dovute al momento in cui venne rifatto il tetto negli anni Ottanta del Novecento.
Allora, non si sapeva che sotto la pesante scialbatura si nascondeva quest'affresco; venne quindi forato il muro per erigere il ponteggio.
Vicino alla porta è raffigurato S. Agostino. Il santo ha una sontuosa mitria bianca su cui risaltano gemme rosse. Il viso è contornato da una folta barba grigia. La figura successiva rappresenta S. Bernardo d'Aosta. Rare e non anteriori al XV secolo sono le rappresentazioni di questo santo. Attributo ricorrente è la croce in forma di alpenstok: ricorda ai fedeli la protezione esercitata dal santo sui viandanti della montagna.
Ai piedi, il demonio incatenato ed ucciso. Si nota un particolare molto interessante, degno di nota per il grande realismo ed effetto: sulla veste grigio-argentea del santo ci sono gli schizzi di sangue del demonio ucciso. Sembrano quasi dipinti dal vero, arrivano ad oltrepassare lo spazio in cui si trova il santo e finiscono per lambire il trono della Madonna.
Con ogni probabilità, l'origine di questo tipo di raffigurazione così realistica – comprendente gli schizzi di sangue – potrebbe essere una miniatura o un affresco.
La figura della Madonna in trono occupa interamente lo spazio tra le colonne. Il trono su cui siede è ancora molto goticheggiante: la cimasa termina con una decorazione ad archetti, mentre il basamento è inclinato verso l'osservatore.
Il viso della Madonna, tuttavia, non è più visibile. Si può osservare un particolare molto interessante: l'aureola era ornata con piccole e raffinate decorazioni a pastiglia. Il mantello cade ai piedi della Vergine in molte pieghe ondulate. L'immagine viconaghese trova un parallelo nell'affresco rappresentante la Madonna in trono della chiesa di Madonna di Campagna a Viggiona, datato 1504 e firmato da Guglielmo da Montegrino e in quello della Madonna in trono a Ligurno di Portovaltravaglia.
La somiglianza tra i tre dipinti risiede principalmente nella figura della Madonna e nella costruzione architettonica del trono.
L'ultima immagine che presentiamo è quella di S. Sebastiano. Era un soldato originario della Gallia, probabilmente di Narbona. Purtroppo anche questa figura è leggermente compromessa a causa delle cadute di colore. Tuttavia si può comprendere che la figura ha le mani giunte in preghiera ed è legata. Sulle braccia si osservano delle righe più scure: sono le corde che tengono legato il santo. Sul corpo si possono ancora vedere le gocce di sangue che sgorgano dalle ferite inferte dalle frecce, attributo costante.
Nell'angolo di muro che anticipa l'abside si trovano due affreschi sovrapposti. Quello superiore rappresenta due putti sotto una piccola tenda – di ignoto autore e di epoca incerta – reggenti un cartiglio con la scritta: "ADORAMUS TE […]".
Nell'immagine sottostante, si nota uno scorcio di paesaggio roccioso e ciò che rimane della figura di un santo.
Sicuramente questa immagine fungeva da elemento di congiunzione tra la parete sinistra e l'abside.
Nella fascia superiore si trova la raffigurazione della Trinità.
A tal proposito, conviene ricordare che l'iconografia trinitaria si suddivide in due grandi categorie: le rappresentazioni simboliche e le rappresentazioni antropomorfiche.
Nelle immagini antropomorfiche le Persone della Trinità sono rappresentate con sembianze umane, anziché con simboli. Queste figure iniziano ad affermarsi nel X-XI secolo: all'inizio si tratta di tentativi che vengono continuamente ripensati e rivisti fino a quando non
assumono una forma definita.
Nelle rappresentazioni con schema orizzontale le tre persone sono uguali tra di loro. La fonte primaria è l'Antico Testamento, letto e interpretato in molti modi. Il testo principale è la Genesi, la teofania di Mamre.
Pertanto, l'immagine di Viconago si può definire come Trinità Eucaristica. Vengono raffigurati gli elementi dell'Eucaristia – il pane, o i pani, e uno o tre calici – oltre alle tre persone sedute dietro la mensa-altare.
Altri esempi di questo tipo di raffigurazione, per citare solo alcune opere ad affresco, si possono trovare a S. Maria del Piaggio a Villadossola, risalente agli inizi del XIII secolo; S. Maria di Pantegano, ora nella Collegiata di Castell'Arquato presso Piacenza; Abbazia di Viboldone; S. Trinita a Firenze; S. Rocco alle Favaglie presso Cornaredo; Castelletto Cervo, in provincia di Vercelli; Ghiffa, nel Verbano-Cusio-Ossola.
Le tre figure sono divise tra loro da colonne verdi sagomate che reggono una semplice cornice del medesimo colore.
Sulla mensa sono presenti tre calici e tre libri aperti verso l'osservatore.
La zona superiore e quella inferiore della parete sono state, a mio avviso, dipinte dallo stesso artista.
Il pittore che potrebbe aver dipinto la parte superiore e quella inferiore è Guglielmo da Montegrino.
Una delle motivazioni che mi inducono a pensare a questo artista – come già detto in precedenza – è la corrispondenza dell'immagine della Vergine con quella della Madonna di Viggiona.
Anche l'abbigliamento degli altri personaggi è di grande valore, ad esempio la veste di S. Agostino è realizzata con raffinatezza d'esecuzione, simile ai santi raffigurati nell'abside sinistra.
Infine per quanto riguarda la datazione collocherei i due affreschi tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo, vicino alla Madonna di Viggiona: la concezione compositiva e strutturale della scena è moderna e propria della seconda metà del XV secolo.