Nelle ricerche e teorizzazioni di Leonardo, l'arte è intesa come ricerca scientifica, come strumento privilegiato di conoscenza. Anche lo studio dell'anatomia è strumentale al dipingere e alla corretta composizione di un ritratto.
L'imitazione della natura diviene, nei lavori del maestro fiorentino, sempre più esercizio conoscitivo e campo nel quale approfondire i moti dell'anima, dando vita ad una sempre maggiore drammatica tensione figurativa.
Al colore e ad una luce calda e solare è affidato il compito di unificare lo spazio e l'uomo.
Al disegno, invece, il compito di indagare e comprendere i dettagli del mondo e degli uomini.
Anche in questo modo, Leonardo accelera fortemente quel processo che puntava, già nella prima metà del ‘400, a riconoscere nell'operazione artistica una valenza pienamente intellettuale, e a legittimarla anche come attività teorica.
Le arti e le lettere – Il professor Claudio Scarpati ha scritto pagine fondamentali a commento delle rime michelangiolesche, sottolineando come mancassero, in quei decenni, i rigidi steccati tra la arti figurative, tra le lettere e la poesia che oggi abbiamo imparato a conoscere. La poesia di Michelangelo rappresenta, nel medio Cinquecento, un incrocio di voci provenienti dall'intera tradizione della nostra lirica, ove si sovrappongono l'eredità dantesca e petrarchesca, le esperienze del Quattrocento toscano, lo stile elevato e lo stile comico.
Le rime religiose o spirituali, come allora si diceva, del Buonarroti si collocano nell'ultimo quindicennio della sua attività poetica, tra il 1540 e il 1555, tra la conclusione del Giudizio e le ultime Pietà: non sono rime d'occasione, ma rappresentano la meditazione della sua età matura, in certo modo sono il grande bilancio di una vita e di una carriera eccezionali.