Photo by Francesco Galli
Prendendo spunto dal progetto visionario dell'artista autodidatta italo-americano Marino Auriti, Massimiliano Gioni ha impaginato il suo Palazzo enciclopedico nelle sale del Padiglione Centrale ai Giardini e nell'Arsenale: uno spazio tra Wunderkammer, luogo dell'esoterico e del fantastico, in cui è piacevole perdersi, ma in cui la dilatazione temporale (dagli inizi del Novecento a oggi), la non distinzione tra artisti e outsiders, tra professionisti e dilettanti e l'eterogeneità delle opere e delle poetiche, pur tenute insieme da una sapiente regia, fanno sorgere alcune riflessioni sullo sguardo utilizzato per indagare il panorama artistico attuale.
Auriti portò avanti per molti anni il progetto, depositato nel 1955 presso l'ufficio brevetti statunitense, di un Palazzo enciclopedico di 136 piani e di 700 metri di altezza che avrebbe dovuto conservare tutte le invenzioni e le scoperte dell'umanità. Un'idea utopica che, riportata alla società di oggi segnata da un'incontrollata esplosione dell'informazione, può rappresentare, secondo le intenzioni del curatore, un tentativo (estremo e forse inattuabile) di "strutturare la conoscenza". Una conoscenza del mondo che viene però indagata da un approccio particolare, soprattutto antropologico, e che, in molte opere esposte è mediata dalla dimensione del sogno, dell'immaginazione o della follia. Un approccio, esplicitato da Gioni nel saggio che introduce la mostra, in cui infatti si interroga su quale sia lo spazio riservato alle "visioni e immagini interiori in un'epoca assediata dalle immagini esteriori" e sulla condizione dello stesso individuo come medium, cioè "conduttore di immagini" e "posseduto dalle immagini".
Photo By Francesco Galli
La Biennale di Gioni riflette quindi soprattutto sull'immagine di un io ripiegato sulla sua interiorità o aperto a uno slancio visionario più che immerso nel panorama mediale e virtuale di oggi (tema affrontato nella sezione finale dell'Arsenale). Il Libro rosso (1914-1930) di Jung, che raccoglie le allucinazioni dello psicologo svizzero, apre non a caso la mostra nel Padiglione centrale, che accosta le lavagne disegnate dal fondatore dell'Antroposofia Rudolf Steiner alle opere "astratte" di Hilma af Klint, i dipinti tantrici di autori anonimi ai bestiari immaginari (come quelli disegnati in modo superbo da Domenico Gnoli), la sottile indagine dell'universo femminile di Marisa Merz ai drammatici nudi di Maria Lassnig, solo per citare (in modo molto riduttivo) alcuni degli autori presentati. Seguendo la stessa idea di "stanza delle meraviglie", che accosta curiosità naturali a creazioni e invenzioni umane, si dispiega l'esposizione all'Arsenale che prendendo avvio dal modello del progetto di Auriti si conclude con l'opera Apollo's Ecstasy (1990) di Walter De Maria, in cui coesistono la definizione delle forme geometriche cilindriche e la disposizione degli elementi basata su una sequenza matematica infinita.
La ricchezza e l'interesse culturale e antropologico della raccolta immaginaria messa insieme da Gioni, in una mostra tematica con un taglio preciso che si allontana dalle impostazioni più ampie e meno definite delle passate biennali, colpiscono e incuriosiscono, ma forse lasciano aperte le domande sull'oggi e su come l'arte interpreti e interroghi il presente.
Il Palazzo Enciclopedico
a cura di Massimiliano Gioni
Venezia, Giardini – Arsenale
Dal 1 giugno al 24 novembre 2013
Orario: dalle 10.00 alle 18.00
Chiuso il lunedì (escluso lunedì 3 giugno e lunedì 18 novembre 2013)