Sebastiano Benegiamo (Fiesole 1982)
Il lavoro sul paesaggio nasce dalla necessità di fissare sulla carta sensazioni vissute di fronte alla natura mae­stosa. C'è qualcosa di arcano nel paesaggio che ci mette in relazione con i luoghi che frequentiamo. Queste opere sono memorie, momenti di passaggio assimilati distrattamente ma che si attaccano al corpo, restituire o semplicemente li­berarsene è come purificarsi, quindi usare l'immagine per relegarle là in uno spazio circoscritto. Non ha importanza se il veduto sia bello o brutto, ciò che conta è quello che evoca, come in una poesia non è necessario conoscere il si­gnificato di tutte le parole, ma la vibrazione che misteriosa­mente s'insinua al nostro interno.

Christian Berrini (Monza 1979)
Prima di iniziare un lavoro e durante tutto il processo ese­cutivo descrivo con la mia macchina da scrivere, sopran­nominata "Portofino", un progetto che principalmen­te si basa sul­l'impronta lasciata nella memoria dalla vita. Eseguo schizzi e piccoli collage che vengono poi nascosti, imprigionati, una volta che il progetto è a compimento. Di solito effettuo su tela l'opera­zione finale usando colori fram­mentati e ricomposti, in base alle caratteristiche dei temi e a seconda delle sensazioni che vo­glio ottenere e ritrasmettere. La mia ricerca inizia dal­l'osservare la realtà e im­magazzinare immagini fatte di scritte, simboli e colo­ri che hanno percorso la mia vita fin da quando a casa di mia non­na iniziai a modificare oggetti e giocattoli per renderli "miei", intimi e unici. Questa ricerca porta dentro di sé pensie­ri, accumuli, gesti e azioni. Macchie di colore vengono impri­gionate, liberate e rielaborate pronte a sve­lare immagini e scrit­te collegate alla realtà quotidiana; queste vanno a costruire un paesaggio acido, allucinato, intimo e affol­lato di sensazioni e ri­cordi.

Drill Monkeys

(Alessandro Padovan, Borgomanero 1983) (Emanuele Palermo, Arona 1985)
Il duo Drill Monkeys nasce nel 2012 dall'incontro di Emanuele Palermo e Alessandro Padovan, Entrambi ap­passionati d'arte, con propri percorsi stilistici, decidono di sperimentare insieme un nuovo linguaggio utilizzando la tecnica della pittura su viti. L'intento del loro lavoro è in­frangere l'abituale confine che separa la pittura dalla scul­tura. Le viti, inserite con differenti profondità, donano tridi­mensionalità alle loro opere e rappresentano il medium principale attraverso il quale i loro soggetti prendono for­ma. Ogni progetto nasce da un susseguirsi di esperienze e dalla continua ricerca di nuove influenze. Attualmente le loro maggiori fonti d'ispirazione sono il graffitismo, la pop art e i fumetti.

Elisabetta Gomirato (Camposampiero 1986)
La mia poetica artistica si basa su un concetto chiama­to In­verità che descrive la volontà di penetrare il mondo reale che ci circonda. Mi mantengo all'interno di esperienze concrete, sviluppando immagini vicine al feno­meno naturale di perpetua strutturazione dell'oggetto sia nella sua forma che nel­la sua com­posizione. Le opere da me proposte ambiscono alla rappresenta­zione invera del­l'acqua. Esse quindi rappresentano un frammento moleco­lare sia fisico che temporale facente parte dell'infinita va­rietà di forme che il liquido assume sollecitato dall'esterno o da sé stesso. Quando ci si avvicina ad un dettaglio del si­stema, la visio­ne globale si trasforma continuamente e irri­mediabilmente in qualcosa di sempre diverso. L'immagine di­venta solo l'istantanea di un momento irripetibile; la riproposizio­ne di un passato lontano nel tempo. Più si entra nella mate­ria, più si approfondisce l'imma­gine e il concet­to. Più mondi si scoprono, più si scopre una bellez­za nuova, nascosta e straordi­naria.

Lucia Guadalupe Guillén (Santa Cruz, Argentina 1987)

Prediligo la gente semplice, la vita e le immagini sem­plici, situazioni e gesti semplici. Con semplice non intendo gente senza interessi, né situazioni in cui non si debba faticare o una vita seduti sul divano. Non amo i gesti impostati né le immagini incomprensibili che per essere spiegate hanno bisogno di testi complessi. Creo immagini chiare, vere, in modo che lo spettatore si ritrovi immediata­mente in esse e ne venga colpito, coinvolto. Tutto il nostro corpo parla, dal movimento delle braccia e delle mani al giocoso disporsi delle nostre gambe e del nostro busto. Ab­bagliati da mode vorticose e travolgenti, in un sistema so­ciale fatto di priorità imposte da altri, dimentichiamo l'es­senzialità, l'evidenza, la genuinità e la naturalezza della no­stra vita.

Stefano Luciano (Montecchio M. 1979)
Il connubio tra le realtà formative e l'assiduo impegno verso la Grafica d'Arte e la Pittura, hanno dato vita a una produzione che privilegia i dettagli, dove il chiaroscu­ro, le zone d'ombra e di luce paiono riportare in vita ele­menti abbandonati. Le opere sono caratterizzate, dal punto di vista esecutivo, da una notevole complessità dovuta al­l'utilizzo di più strategie: vernice molle, acquaforte e punta­secca per le incisioni; pittura ad olio su fondi polimaterici per i dipinti. I lavori sono spesso di grandi dimensioni e hanno come soggetti privilegiati parti di strutture architet­toniche abbandonate o in disarmo e minuti dettagli che esprimono una rilevante suggestione e una poesia sottile, di una pensosità inquieta e stranamente dolente.

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