di Anna Bernardini, Direttore Villa e Collezione Panza e co-curatrice di Natura naturans
Il titolo in latino della mostra, Natura naturans, deriva direttamente dal pensiero filosofico spinoziano, dove la sovrapposizione dei concetti di Dio e Natura è stata esplicitata per la prima volta con dei sottili distinguo. La Natura voluta da Dio sarebbe la natura naturata e quindi perfetta e immutabile, statica e compiuta in quanto atto della volontà divina. Ma all'interno di questa perfezione la natura può anche assumere un volto mutevole e dinamico (ben espresso dall'osservazione dei suoi aspetti microscopici e degenerativi, che meglio ne svelano il funzionamento), un volto non per questo imperfetto. Tale espressione provvisoria del disegno divino s'inquadrerebbe come natura naturans (il carattere meccanico ed evolutivo dei fenomeni naturali). Questo piccolo territorio franco scaturito dalla distinzione tra natura in sé e natura in atto – un tempo unico espediente per poter fare scienza al riparo dalla minaccia dei dogmi religiosi e dagli strali della scienza ufficiale – nell'arco di pochi secoli si è espanso senza controllo, occupando ogni interstizio della realtà e squarciando il velo sopra ogni segreto della natura. Proprio come mettevano in guardia i miti classici, questa volontà di conoscenza ha forse avviato un processo che potrebbe cancellare l'oggetto stesso di tanto studio.
Di fronte alla consapevolezza della provvisorietà e della precarietà della natura (e della vita stessa dell'uomo), tocca forse all'arte e al suo particolare linguaggio, ora ermetico e stratificato ora semplice e immediato, ma mai banale, indicare una nuova via. I temi che gli artisti esplorano con dedizione assoluta, al limite dell'ossessione, sono i temi che più stanno a cuore a un'umanità smarrita.
Il concetto stesso di perfezione è quindi destinato a una revisione critica e artisti come gli americani Meg Webster e Roxy Paine, protagonisti della mostra ospitata a Villa Panza, vi contribuiscono anche con le loro opere e con il loro impegno. Pur appartenenti a generazioni diverse e forse dediti a pratiche artistiche distanti, essi sono comunque accomunati dalla particolare lettura dei fenomeni naturali presenti nelle loro opere.
I progetti di Meg Webster prevedono spesso la costruzione di figure geometriche regolari che risultano però profondamente minate dall'inconsistenza e dalla reattività chimica dei materiali utilizzati (sale, sabbia, terra) oppure sono destinate a essere lentamente colonizzate e sfaldate dall'invasione di forme di vita colonizzatrici (il muschio, l'acqua stagnante). Al contrario, Roxy Paine sembra cercare sistematicamente nella natura l'imperfezione, anche solo al fine di poterla cristallizzare in opere speculari, generate spesso con materiali sintetici e con l'ampio supporto della tecnologia: una perfetta imitazione dell'imperfezione.
Meg Webster definisce le proprie opere come "vive" e, nonostante echi evidenti della Land Art e della Minimal Art, le sue principali premure sono riferibili all'impatto ecologico dei lavori (vietando qualsiasi forma di aggressione verso l'ambiente circostante l'installazione), alla manutenzione degli stessi, all'accoglienza di organismi (in Cone of Water è ammesso lo sviluppo di vegetazione acquatica e l'immissione di pesci) e all'interazione con il visitatore.
Roxy Paine ipotizza, in particolare con la serie dei Replicants, di poter cogliere e comunicare il carattere stesso della vita attraverso un'opera d'arte. La sovrapposizione tra forme dell'arte e forme della vita non starebbe nel vincolarsi all'uso di materiali naturali ma piuttosto nel cogliere – con qualsiasi mezzo, anche il più artificiale – il progetto della vita che è genetico e quindi replicativo, propagativo e all'apparenza "dendritico" (ramificativo). Che è appunto lo stesso progetto dell'arte.
In entrambi gli artisti si coglie comunque una profonda insoddisfazione in relazione al moderno rapporto uomo-natura e la necessità di una revisione radicale di tale rapporto. Il fatto che entrambi siano così intrigati dalla possibilità di cogliere, all'interno dei cicli naturali, soprattutto il momento della decadenza, pur nel suo lento e inesorabile manifestarsi, si ammanta spesso di un carattere oscuro, luttuoso e di mesta ineluttabilità.
L'idea comune è quella di una natura ciclica, fatta di crescita e di decadimento, di perfezione e di malattia. Il metodo artistico risulta un incessante inseguimento dei processi di trasformazione, fino a ritrovare un nuovo equilibrio e il segno di una nuova e diversa armonia. Questo tipo di ricerca è destinato a esaltare le qualità intrinseche dei materiali usati, sia quelli naturali come la terra, l'acqua, il sale, il cacao, il wasabi, la cenere e la cera d'api usati da Webster, sia quelli artificiali come le lacche, i polimeri e le resine epossidiche prediletti da Paine. Gli aspetti più semplici della natura vengono presentati nella loro crudezza oppure ricostruiti sinteticamente con forme di alta sofisticazione. Da qui l'invito al visitatore a recuperare uno stupore e una meraviglia perduti attraverso la percezione di tutti i sensi, oggi in parte anestetizzati.
Con questa mostra ci si colloca quindi pienamente nel solco della "tradizione" di Villa Panza, che ha sempre storicamente preferito progetti di arte contemporanea, pur nell'ambito della forte connessione tra interno ed esterno e della valorizzazione dell'ambiente e della natura, che incontrandosi e fondendosi diventano opere d'arte.
Pensiamo ad esempio agli spazi site-conditioned di Varese Portal Room (1973-76) e Varese Window Room (1973-76) di Robert Irwin e a quello site-specific di Lunette (1974) di James Turrell e alle molte altre opere del patrimonio di Villa Panza che hanno contribuito alla nascita e alla propagazione di questa nuova e moderna sensibilità nel panorama internazionale. Non si può non ricordare infatti che nel 1974 James Turrell con Sky Space I realizzò un'apertura nel soffitto di una stanza della Villa, incorniciando direttamente una porzione di cielo. La volontà di Turrell era forse anche quella di riportare la nostra attenzione distratta su un elemento quotidiano – ma che in verità da secoli è fra i principali interessi degli artisti di tutto il mondo. Si sottolinea così con queste opere la bellezza, la forza e il mistero della natura che ci circonda, ma senza dimenticare la continua mutevolezza e dinamismo degli elementi che la caratterizzano e che la trasformano attraverso la mediazione dei nostri sensi.
Info. La mostra Natura naturans è aperta al pubblico da martedì a domenica, dalle ore 10 alle ore 18 orario continuato. Per gli iscritti FAI l'ingresso è scontato FAI – Villa e Collezione Panza Piazza Litta, 1 Varese Tel. +39 0332 283960
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