Varese racconta l'arte di Floriano Bodini. Nel decennale dalla scomparsa, si rincorrono le celebrazioni e gli eventi attorno alla figura di questo grande artista nato a Gemonio nel 1933. Bodini ha fatto della metropoli milanese di pieno novecento lo scenario di maturazione personale ed artistica, ma è alla sua terra, alle sue origini e tradizioni che ha saputo e voluto rendere onore durante tutta la sua carriera.
Una presenza, quella di Bodini, talmente radicata nel nostro territorio da farlo divenire una sorta di "museo a cielo aperto", che si snoda tra vie edifici sacri e musei della provincia varesina, partendo dal borgo del Sacro Monte sopra Varese con il monumento a Paolo VI e dalle opere esposte al Museo Baroffio e del Santuario, passando dal cuore cittadino con la Basilica di san Vittore, il Castello di Masnago e Villa Recalcati. Per chi vuole conoscere l'arte di Bodini, il percorso prosegue a Casciago con la fonte di sant'Agostino, il museo da lui stesso voluto a Gemonio, le tombe al cimitero di Azzio, la parrocchiale di Brunello, la canonica di Cuvio, la Via Crucis al sant'Elia di Viggiù, la Basilica di Santa Maria a Gorla maggiore, per arrivare alle opere conservate al Maga di Gallarate.
La sua vicenda è una complessa trama di esperienze e di rapporti, come nel caso del lungo legame che Bodini ebbe con il monsignor Pasquale Macchi.
La vitalità della linea e la tensione della forma, caratteristiche del suo stile scultoreo, fanno pensare in primis ad un mai rinnegato amore per la lezione degli antichi; tuttavia i continui rimandi all'arte romanica, al gotico, al barocco, senza escludere l'esperienza dei moderni, pongono il fruitore dinanzi a un linguaggio molto articolato.
La critica ha parlato di espressionismo, di realismo esistenziale, ma Bodini non è mai stato concorde con l'adozione obbligatoria di definizioni che limitano un argomento precludendo una ben più ampia analisi. "Preferisco il termine "lavoro" – disse – In questo caso, il mio lavoro".