Nota per la particolare inclinazione del suo campanile, rivestì il ruolo di chiesa parrocchiale fino al 1701, allorché venne ultimata l'attuale parrocchia dedicata all'Immacolata.
Ne parliamo con il professor Andrea Spiriti, storico dell'arte e docente di Storia dell'Arte Moderna presso l'Università degli Studi dell'Insubria.
Riapre completamente restaurata la chiesa di S. Giorgio, uno degli edifici di culto più cari agli origgesi. Entrando in chiesa si compie una sorta di "cavalcata nei secoli"…
"E' una stratificazione quanto mai interessante, che va dall'affresco gotico trecentesco della Crocifissione fino alla grande campagna seicentesca dei Pozzo e degli Avogadro, che costituisce sicuramente l'elemento di maggiore attrazione e coerenza iconografica e storica, e rappresenta anche il testimone di una diffusa presenza di questi grandi artisti dei laghi che sono operosi nella nostra area di nord-ovest per tutto il primo ventennio dei Seicento".
Quali particolarità presenta l'affresco della Crocifissione?
"Si tratta quasi sicuramente di un'opera collegabile al cosiddetto Maestro della Chiesa Rossa di Castel San Pietro, oggi territorio elvetico ma storicamente comasco. E' una presenza gotica rilevante nella Milano di secondo Trecento e costituisce l'ennesimo caso di testimonianza di come la periferia – rispetto al centro – sia perfettamente in grando di esser precoce nel testimoniare fenomeni di primissima rilevanza".
La decorazione presbiteriale costituisce senza dubbio il punto di forza di tutto l'edificio…
"Sì, qui abbiamo due cappelle, quella di destra e la cappella maggiore, che sono affrescate della joint venture tra la famiglia Pozzo di Valsolda e Avogadro di Tradate. E' una decorazione veramente importante perchè segna un ciclo profondamente organico di storia di san Giorgio e di storie della Chiesa dell'Antico e Nuovo Testamento secondo modelli che questi artisti diffondono ampiamente da Bellinzona a Pavia fra fine Cinque e inizio Seicento".
Di particolare interesse è l'affresco con la Madonna Addolorata…
"Si tratta di una combinazione iconica complessa, da un lato il modello della Madonna del Rosario, che è il grande modello che Aurelio Luini inventa per San Francesco di Saronno; dall'altro lato la Madonna delle sette spade, che nasce proprio con riferimento a questa cultura di primo Seicento e che avrà poi un'enorme esplosione devozionale nel Sette e Ottocento. Ma voglio segnalare l'assoluta precocità: questo episodio di Origgio, così come a Stabio o a Quinto Stampi, cioè i primi tre esempi dei nostri artisti di primo Seicento, sono tra i casi in assoluto più precoci di tale iconografia".
"La mostra – spiega il Presidente dell'associazione, Umberto Bartoletti – è l'idea complemento della conoscenza approfondita del restauro da parte di chi entra oggi a visitare la chiesa. Chi entra oggi a san Giorgio vede delle cose che non aveva mai visto, scoperte sotto gli intonaci, colori mai visti primi, ma non sa cosa c'è stato durante. La mostra vuole essere proprio questo: rappresentare come si sono svolti i restauri, quali tecniche sono state usate e far capire quanto c'è dietro a quello che oggi è possibile ammirare all'interno di san Giorgio".
Prossimi passi: visite guidate e l'aiuto del FAI. "Pensiamo che la chiesa meriti molto – conclude il presidente – quindi vorremmo come associazione culturale organizzare la disponibilità di persone che tengano visite guidate e vorremmo contattare il FAI per far inserire la chiesa di san Giorgio negli itinerari artistici della lombardia".