Da Milano –
"Credette Cimabue nella pittura tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura" (Dante Alighieri, Purgatorio, canto XI, 94-96). Così il Sommo Poeta definiva la grande ventata di novità rappresentata da Giotto di Bondone, comprendendone la modernità e la rivoluzione pittorica innescata, e non è mai scontato ricordarla perché si deve a questa stella dell'arte e alla sua opera la germinazione di quei valori che aprirono le porte al Rinascimento.Le sale di Palazzo Reale, in un allestimento particolarmente suggestivo curato da Mario Bellini, accolgono una sequenza di quattordici capolavori del maestro, mai esposti finora a Milano, che illustrano il tragitto compiuto da Giotto attraverso l'Italia del suo tempo, in circa quarant'anni di straordinaria attività. Grazie ai prestiti concessi da musei italiani ed internazionali, la mostra di Giotto si presenta come un'occasione unica per conoscere ed ammirare le opere dell'artista che ha rivoluzionato il corso della storia dell'arte italiana.
"Quando con la cocuratrice Serena Romano, giottista d'eccezione – ci spiega Pietro Petraroia – abbiamo concepito questa mostra, pensavamo che sarebbe stata un'esposizione di poche opere. Il nostro intento fortissimo era quello di non fare una mostra sulla pittura giottesca, ma una mostra che consentisse di incontrare personalmente l'arte di Giotto nelle opere su tavola, trattandosi di un autore prevalentemente di grandi cicli di affreschi. Abbiamo 14 pezzi, circa la metà complessiva delle opere su tavola rimaste, dipinti assolutamente eccezionali come il polittico Stefaneschi, dalla Pinacoteca Vaticana, presente accanto a un frammento di dipinti murali che era a pochi metri da esso nell'antica basilica di san Pietro, demolita nel corso del Cinquecento; ma abbiamo anche la possibilità straordinaria di aver avuto in prestito dal San Diego Museum of Art la cuspide del polittico Baroncelli, separata da esso alla fine del Quattrocento".
Conosciuta, apprezzata ed imitata – La pittura di Giotto ha avuto una importanza incredibile per Milano e l'intera Lombardia, anche venticinque, trent'anni prima della sua chiamata alla corte di Azzone Visconti, nel 1335.
A Varese –
"Proprio a Varese – continua il curatore – nel Battistero della Basilica, Santina Novelli ha riconosciuto un'opera del cosiddetto Maestro della tomba Fissiraga, datandola a circa venti anni prima che Giotto venisse a Milano. Questo affresco, ricondotto al cardinale di Genova, Luca Fieschi, in visita al parente Prevosto di Varese, attorno agli anni 1310-15, ci aiuta a capire come questo Maestro girovago in Italia abbia saputo portare a Varese precocemente il linguaggio stilistico della Basilica Superiore di Assisi. Varese, da questo punto di vista, rappresenta un luogo particolare di incontro precocissimo con l'arte di Giotto, sia pure in un luogo nascosto, che forse pochi varesini conoscono".