Seguire questa mostra, per chi vorrà farlo, significherà compiere anche un bel percorso attorno al Duomo. Prima nelle splendide sale dell'Archivio della Veneranda Fabbrica (piazza Duomo 20), nella quale sono esposte 28 immagini realizzate da vari fotografi nel corso degli anni che vanno dal 1860 al 1970, e poi nella Chiesa di San Gottardo in Corte (ingresso da piazza Duomo 12), dove invece troverà i 34 scatti di Alessandro Gandolfi, un giovane fotogiornalista che ha pubblicato nel numero di luglio del "National Geographic Italia" un interessante servizio sul Duomo.
Fare e rifare è tutto un lavorare
Philippe Daverio, membro del Comitato Scientifico del Museo del Duomo, ha colto l'occasione per far riflettere i presenti sul senso di quella battuta in dialetto "lung'me la fabrica del domm", con la quale si è soliti definire un lavoro di cui non si vede la fine, capovolgendone in qualche modo il senso.
L'idea della maintenance in architettura, cioè della manutenzione e del restauro costante degli edifici è piuttosto recente e molto più praticata all'estero. Ne è un esempio l'Empire State Building, che ha quasi novant'anni e richiede continui interventi di conservazione. Il Duomo, in questo senso – dice Daverio – è stato un apripista, visto che da oltre 600 anni ormai richiede questo tipo di lavoro. L'idea che un monumento resti integro nel tempo e comunque lo si possa apprezzare anche nella sua lenta decadenza è un atteggiamento romantico tipico di noi italiani ma che non può valere per il Duomo.
Duomo, bello ma delicatissimo
D'altra parte il marmo di Candoglia, con il quale Gian Galeazzo Visconti pretese che fosse costruita la Cattedrale, è un materiale bello per le venature e le sfumature, ma molto delicato e, soprattutto se esposto alle intemperie, si deteriora e si sgretola. Si pensa che in questi quasi 630 anni dalla sua realizzazione, il Duomo sia stato "rifatto" completamente almeno 6 volte da operai della Veneranda Fabbrica che lo hanno ricostruito pezzo per pezzo. Proprio come un corpo umano le cui cellule si rigenerano in media ogni sette anni.
Qualche numero per dare l'idea dell'imponenza monumentale del Duomo: lungo 158,50 metri, largo 93, con una superficie interna di 11.700 mq e un peso totale stimato attorno alle 325.000 tonnellate, con 3400 statue, 135 guglie, 96 doccioni. Per capire cosa sta dietro a questo "miracolo", che si rinnova da più di mezzo millennio, Alessandro Gandolfi, con il suo reportage ha svolto una vera e propria operazione di giornalismo investigativo.
Dietro il "miracolo" del Duomo
E lo ha fatto partendo dalle origini, cioè dalle cave di marmo di Candoglia, che si trovano vicino a Mergozzo, sulla sponda del fiume Toce all'inizio della val d'Ossola. Naturalmente in passato per trasportarlo in città si percorrevano le vie d'acqua, dal fiume Toce, al Lago Maggiore, ai Navigli. Oggi i mezzi usati sono i camion. Poi i marmi raggiungono Milano, e finiscono nei laboratori di via Brunetti (zona Certosa), dove vengono opportunamente lavorati e, in seguito, nei cantieri del Duomo che attualmente sono 22.
Si dice sempre che il Duomo è dei Milanesi ma non è solo una battuta. Le donazioni popolari, anche all'epoca dei Visconti, erano per la maggioranza (85%) raccolte attraverso collette, elargizioni, offerte, contributi di privati. Analogamente a quanto avviene oggi, dal momento che la Veneranda Fabbrica che deve sostenere spese correnti per oltre 30 milioni l'anno (negli ultimi tre anni le spese straordinarie hanno raggiunto i 50 milioni) riceve dagli interventi pubblici solo un apporto relativo (15%). L'idea della Veneranda Fabbrica sarebbe quella di arrivare all'autosufficienza entro qualche anno. Ma nel frattempo l'aiuto pubblico non può venire meno.
D'altra parte, non sono soldi a fondo perduto perché anche il Duomo in qualche modo li restituisce ai suoi cittadini, attraverso le migliaia di posti di lavoro che offre e il miglioramento delle infrastrutture, in certi casi – soprattutto in passato – richiesto per il più agevole trasporto del marmo.
Le foto storiche. Qualche curiosità.
Attorno al 1860 di fronte al Duomo sorgeva il rione del Rebecchino, dal nome di una vecchia osteria. La zona aveva una pessima fama ed era frequentata da borseggiatori e truffatori d'ogni risma. Per fortuna, il quartiere nel 1875 venne demolito. E si cominciò a costruire la Galleria Vittorio Emanuele, la Centrale elettrica e i Grandi Magazzini Bocconi, che poi diventeranno la "Rinascente".
Il Cantiere dei Marmisti inizialmente si trovava a Porta Genova, alla Darsena. Ancora oggi, in via Arena esiste una lapide che ricorda l'agevolazione fornita a chi lavorava il marmo per il Duomo, esentato dal pagare qualsiasi balzello (Ad Usum Fabricae). Da qui, l'espressione "a ufo", quando si fa una cosa senza pagare o facendo pagare altri.
Pochi forse lo ricorderanno, ma, negli anni dell'ultima guerra, durante i bombardamenti del 1943, la Madonnina venne protetta da un panno grigioverde perché non rappresentasse un punto di riferimento per chi sganciava le bombe sulla città.
Le foto di Alessandro Gandolfi (2015-16)
Gli scatti più interessanti sono quelli che mostrano il "dietro le quinte" del Duomo, cioè, gli artigiani che operano nelle cave. Qui, continuando ad estrarre il marmo, si è creata una enorme voragine, che il giornalista Alfieri ha definito in modo assai efficace "il negativo del Duomo".
Bello è anche scoprire nei laboratori alla periferia milanese, il nuovo Cantiere Marmisti, dove si realizzano i singoli pezzi, che dovranno sostituire quelli usurati. Qui esiste anche un enorme deposito di vecchie statue, doccioni, falconature, espiantate dal Duomo, ormai senza più alcun futuro. Le abbiamo definite "in purgatorio", anche se forse alcune – chissà – potranno ancora trovare spazio in qualche mostra ad hoc. Ma per chi ama le foto ad effetto, non mancano vedute dall'alto, di notte e sotto la pioggia con i riflessi del Duomo sul sagrato.
La Mostra, insomma, vale la pena vederla, indipendentemente dal fatto che si sia o meno credenti. Il Duomo, infatti è un simbolo, come dice Gandolfi, della laboriosità dei milanesi, della loro energia, della loro positività. Una dinamo al centro della città che dà la carica a tutti, senza distinzioni.
La Mostra è a ingresso libero per quanto riguarda l'archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo (da lunedì a venerdì dalle 10,00 alle 18,00), mentre per il Grande Museo del Duomo e la Chiesa di San Gottardo in Corte – dove sono esposte le foto di Alessandro Gandolfi – il costo è di 2 euro, tutti i giorni , escluso il mercoledì, dalle 10,00 alle 18,00.