Sono circa 80 le opere esposte al Museo del Paesaggio di Verbania che Elena Pontiggia, curatrice della mostra, ha scelto tra le collezioni già presenti all'interno del Museo con l'aggiunta di opere di Mario Sironi provenienti dalle raccolte Isolabella e Cristina Sironi. La Mostra è stata realizzata con il sostegno di Compagnia San Paolo e Fondazione Cariplo.
L'idea era quella di cogliere alcuni aspetti della figura femminile così come appare tra Otto e Novecento, sotto l'influsso dei diversi movimenti artistici di questo periodo, che vanno dalla scapigliatura al naturalismo lombardo, dal chiarismo al realismo europeo, dal simbolismo e dal divisionismo all'espressionismo, con ancora non pochi richiami al romanticismo.

Ne escono diverse immagini di donna
: madre, amante, contadina, gran signora, adolescente; ora colta in meditazione esistenziale o nei suoi slanci d'affetto e di passione, ora triste, altera, pensierosa, stanca; ora vestita di stracci, con cappellacci popolareschi (scoccombrina) o elegante col cappellino per evitare di abbronzarsi (segno plebeo), o addirittura nuda.
Una mostra: 11 sezioni
La Mostra è suddivisa in undici sezioni: 1. Il luoghi della vita: La casa, il giardino, la via, la stalla; 2. Gli affetti: l'amore e la maternità; 3. Figure della storia; 4. La religione, 5. Il lavoro; 6. Il nudo. A queste sezione se ne aggiungono altre dedicate a due artiste: Sophie Browne e Adriana Bisi Fabbri e a tre maestri del Novecento: Arturo Martini, Mario Tozzi e Mario Sironi.
Nelle prime sei sezioni da sottolineare alcuni ritratti di Daniele Ranzoni, figure che sembrano, come diceva l'artista, "dipinte col fiato", in un'atmosfera di leggerezza e impalpabilità che diventa una sorta di pulviscolo luminoso, di effetti grigi e blu, come nel famoso "Ritratto della Principessa Margherita di Savoia".
Da segnalare anche l'opera pittorica "Il Convegno" di Ambrogio Alciati, maestro di tutti i chiaristi, che è diventato il logo della mostra, dove un uomo e una donna, separati da un'inferriata, si danno un bacio, pieno di passione. E' probabilmente un amore contrastato, reso con tenui colori tra l'azzurro e il verde, evanescenti come in un sogno, lontano da qualsiasi richiamo storico o temporale.
Nella sezione che riguarda la storia, è utile riferire un altro lavoro di Ranzoni che riguarda lo studio per Beatrice Cenci a carboncino. La storia è conosciuta: la donna, insieme al fratello, uccise il padre colpevole di stupro e venne condannata a morte. Qui, nell'immagine del pittore, Beatrice non è ritratta, come avrebbe fatto un esponente del romanticismo, durante il supplizio, ma in un gesto femminile molto naturale e per nulla drammatico, mentre si pettina con le braccia rivolte verso il sole.
Ancora una scultura nella sezione "Storia" di Giulio Branca rievoca la macabra leggenda che vuole che la moglie di Marco Antonio, Fulvia, per vendicarsi dell'assassinio del marito, trafigga la lingua di Cicerone, appena decapitato, reo di averlo diffamato nelle sue orazioni. Fulvia seduta, con una mano afferra la testa dell'oratore con l'altra impugna uno spillone.
Nella sezione "Lavoro", campeggia la monumentale opera pittorica di Arnaldo Ferraguti (cm 280×650) "Alla vanga", dove sono rappresentate anche diverse donne impegnate a coadiuvare i contadini: loro non usano la vanga ma portano da mangiare, da bere, consolano i bambini, anche loro costretti a lavorare. Oppure l'incredibile "L'aratura a Miazzina" di Achille Tominetti, dove due donne di spalle tirano l'aratro, perché a causa dell'estrema povertà non si possono permettere l'uso di animali.

Tra i "Nudi", resta impressa nella mente la bella scultura in marmo di Alessandro Puttinati "La contemplante". Medaglista, incisore e autore di alcune statue del Duomo di Milano, qui indaga sulla bellezza della donna, in chiave romantica ma lontano dal gusto neoclassico, perché la donna che realizza è carica di vita e da soggetto di contemplazione ne diventa oggetto.

Le donne pittrici e i Maestri del Novecento
Ma le donne non sono solo soggetti dipinti da uomini. Alcune sanno mettere in mostra le loro capacità espressive, come Adriana Bisi Fabbri, pittrice e caricaturista, ma soprattutto la poco nota Sophia Browne, pure essa influenzata dal Simbolismo, che in un'opera orizzontale di rara efficacia (cm 75,5×173,5) rifà "Eva" nel Paradiso Terrestre mentre coglie il frutto proibito, senza Adamo, senza il serpente tentatore, artefice del proprio ruolo, responsabile della scelta che compie, oltre qualsiasi senso di colpa.

Tra i Maestri del Novecento, sono 14 le opere di Arturo Martini esposte nella mostra. Figura complessa e tormentata, Martini, negli ultimi anni, dopo aver raggiunto una certa agiatezza, si innamorerà della giovane Egle Rosmini, nata in un Paese vicino a Verbania, e, senza mai dividersi dalla famiglia, le rimarrà fedele fino alla morte. La stessa Egle poi farà la donazione di alcune opere del Maestro al Museo. Su questo personaggio e la sua vita simile a un romanzo, Elena Pontiggia, ha realizzato un libro "La vita in figure" in uscita a breve per i tipi di Johan&Levi Editore.

Di Martini una segnalazione particolare va al "Busto di fanciulla" del 1921, nel quale riprende il tema rinascimentale, non tanto come reliquia religiosa (i busti dei santi a quell'epoca contenevano al loro interno la reliquia) ma ispirandosi a Donatello e dando alla donna una dimensione per così dire atemporale, universale. Non per nulla Martini si riteneva debitore della tradizione: "Il sangue che hai nelle vene è la tradizione" diceva.

Ma come non citare, sia pure en passant, anche "La scoccombrina", bronzo del 1927, donna con lo strano cappello in testa, "La visitazione", un gesso che rievoca l'incontro tra Maria e la cugina Elisabetta, con la tenera presenza di un cagnolino che si intrufola tra le gonne delle due donne, o "Gli acrobati" che ispirò lo scultore Henry Moore che guardava a questo lavoro apprezzando il fatto che la scultura si regge più sui vuoti che sui pieni.

Anche alcuni dipinti di Mario Tozzi presenti al Museo del Paesaggio sono una donazione, in questo caso del fratello Arnaldo. Da ricordare, infatti, che Tozzi fu molto legato alla zona, prima di recarsi a Parigi, dove morì, visse fino al 1971 a Suna sul Lago Maggiore dove si conservano ancora molti dei suoi lavori.

Tra le opere esposte da osservare con attenzione "Ritratto della madre" 1915, olio su tela, e "La toeletta del Mattino". Nel primo emerge la figura della donna, tra forza e levità, in una costruzione geometrica del dipinto che ne esalta un equilibrio formale di grande efficacia. Il secondo, una delle sue opere più famose, è quasi un manifesto della sua pittura degli anni Venti che coglie la lezione di Picasso e del Ritorno all'ordine, con il compito di uscire dall'impressionismo e ridare imponenza alla figura umana. La donna che ha appena fatto il bagno è immobile come una statua, occupa la scena nella sua vitale corporeità, conscia, forse, di non sapere ancora quale sia realmente il suo ruolo.

E finiamo con Mario Sironi, un Sironi che non ci aspettiamo, con lavori giovanili recuperati dalla sorella Cristina: un delizioso ex-libris, di taglio simbolista, e 19 disegni su carta tra cui il viso di una cocotte e la madre in attesa della cena. Tra le opere più importanti "La madre che cuce" e lo studio preparatorio della "Vittoria alata", affresco del 1935 realizzato per l'Aula Magna della Sapienza, restaurata in modo maldestro, al solo intento di togliere i richiami alle simbologie del Ventennio, attorno agli anni Cinquanta, e per il quale attualmente è in corso il definitivo restauro.

Insomma, una Mostra da vedere, non perdendo l'occasione per visitare anche la collezione permanente di gessi di Paolo Troubetzkoy, 340 opere, del grande artista nato a Verbania.

I volti e il cuore
Dal 25 Marzo 2017 al 01 Ottobre 2017
Palazzo Viani Dugnani, Via Ruga, 44 Verbania
Da Martedì a venerdì 10 – 18; sabato, domenica e festivi 10-19
Ingresso 5 euro, gratuito per disabili con accompagnatore
Per informazioni: +39 0323 556621 segreteria@museodelpaesaggio.it