L’esperienza della parola – "Come posso raggiungerti?" è questo il drammatico interrogativo che si pone l’educatrice ed insegnante Annie Sullivan di fronte al dramma della non-comunicazione e al buio di tenebra che ingombrano la vita di Helen Keller. "Forse anche io ho bisogno di un maestro…". È ancora la Sullivan a porsi, lei insegnante, urgenti interrogativi. Come oltrepassare il silenzio, la sordità e la cecità di Helen? Come farle capire "la luce delle parole"? Come insegnarle i nomi del mondo? E come rendere possibile ciò che si crede impossibile? Lo Spazio Lavit di Varese sceglie di aprirsi anche al teatro proprio con questa pièce che, già dai primi minuti, costringe a fare i conti con questi due nuclei tematici: l’educazione e la comunicazione. Dopo aver ospitato diverse mostre e tavole rotonde, il versatile ambiente diretto e coordinato da Alberto Lavit, martedì 26 gennaio ha visto messo in scena il commovente spettacolo teatrale "Anna di Miracoli", proposto dal Comitato Distrettuale "Helen Keller"e dal Lions Club – Valganna, Eremo San Gemolo – Distretto 108 Ib 1 Italy – Lions International. La piéce teatrale è stata resa possibile anche grazie al contributo della Fondazione Comunitaria del Varesotto, da anni vicina e sensibile ad iniziative e progetti culturali del nostro territorio.
Ma torniamo allo spettacolo. "Anna dei Miracoli" già richiede una riflessione a partire dal titolo. Il miracolo è compiuto o vissuto dall’istitutrice Annie Sullivan? É lei l’artefice del prodigio d’amore (non va dimenticato che il dramma diretto da William Gibson portava il nome originario di "The Miracle Worker") o ne è al centro? Forse l’una e l’altra cosa, giacchè la storia, a tutti nota, mette a tema la vicenda di Helen Keller, cieca e sorda da quando aveva pochi mesi e quella della sua maestra che le si dedicherà anima e corpo, incondizionatamente. La famiglia della bambina, invece, si trova rassegnata a crescerla in uno stato semi-selvaggio, senza trovare il modo di permetterle di comunicare con il resto del mondo. "Anna dei Miracoli" insegna alla bambina il linguaggio dei segni, sottraendola al contempo, alla eccessiva protezione della famiglia, alla vita viziata fatta di concessioni senza freni, mancanza di direzione e di comunicazione. A poco a poco, la famiglia di Helen capirà l’importanza di lasciare "carta bianca" alla libera iniziativa dell’insegnante che richiederà di vivere sola con Helen. Solo questo salvifico isolamento (ma educare non significa proprio "portare fuori da"?) permetterà alla bambina di prendere coscienza e consapevolezza di sè e del mondo, di dare un nome alle cose. Tornano alla mente le parole di Genesi: "Dio il Signore, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli avrebbe dato. L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi". La signoria dell’uomo – e la sua conoscenza del mondo – si esercitano a partire dalla parola, dal nome che l’uomo (non Dio) impone alle cose del mondo. La luce delle parole romperà il silenzio e l’isolamento di Helen, liberandola e rendendola presente, non più "altrove".
L’importanza di educare e di essere educati – La regia di Luisa Oneto ha puntato proprio su questi tre temi nevralgici: la parola, l’urgenza educativa, la libertà personale. Dopo il debutto a fianco di Giovanni Testori, Luisa Oneto ha conseguito il diploma della Scuola Filodrammatici di Milano. Non è nuova alla tematica della disabilità portata sul palco teatrale: in passato si è dedicata al teatro per ragazzi e alla regia di musical che hanno visto interpreti anche disabili gravi (Turandot, Notre Dame de Paris, West Side Story, Le avventure di Giamburrasca). Attualmente è insegnante di dizione e di recitazione presso la Scuola Teatrale Città di Varese.
La parola, l’urgenza educativa, la libertà personale, questi i temi fondanti nel testo "Anna dei Miracoli". Dopo aver ospitato diverse mostre e tavole rotonde, il versatile ambiente varesino diretto e coordinato da Alberto Lavit, si apre anche al teatro.