Una Zattera sempre in movimento – Rassegne, spettacoli, corsi, stage: non manca nulla al blasone del "Progetto Zattera" timonato – è il caso di dirlo – da Martin Stigol che, con Noemi Bassani e Lucia Capellari da alcuni anni è attivo sulla scena del teatro in provincia e fuori, concentrandosi soprattutto su piccole produzione di qualità dedicate ai più giovani.
Stigol era presente alle ultime riunioni organizzate per discutere del futuro del Teatro di Varese: l’abbiamo raggiunto telefonicamente per sentire dalla voce di chi di teatro vive e nel teatro opera quale può essere la giusta formula per adattarsi alle esigenze di chi fa cultura in città.
Una scena, quella varesina, ricca di piccole realtà culturali che chiedono uno spazio adatto alle loro necessità, che non necessariamente corrisponde a quello di una sala da novecento o mille posti.
Due spazi – "Si potrebbe pensare a uno spazio doppio: una sala da mille posti e una più piccola da tre-quattrocento, dimensioni simili sono più facili da gestire e riempire per le piccole compagnie ed è anche una questione di qualità di visione dello spettacolo: nel caso delle piccole sale è certamente meglio." Esordisce così Martin Stigol, dicendo subito di proporre il suo punto di vista, comune però a molte altre realtà attoriali di Varese.
"Ovviamente se parliamo di grandi eventi, come l’ultimo spettacolo di Marco Paolini, i grandi numeri sono necessari".
La gestione – "Sono dell’idea che una fondazione sul modello gallaratese non sia la cosa migliore," continua Stigol: "presenta qualche rischio. Per articolare la gestione di un teatro in una città serve una operazione mista tra privato e pubblico.
Alle riunioni si è parlato di un’associazione culturale ma la mia esperienza, e quella di tante altre compagnie, non mi permettono di essere sicuro anche di questo, perché ci è capitato pefino di non essere pagati da una di queste associazioni. E’ necessario che ci sia un controllo. La Fondazione, l’Associazione culturale, devono avere tra i requisiti minimi una stretta sorveglianza e controllo sul loro operato".
L’equipaggiamento – "Per quanto riguarda quello che bisogna mettere dentro una volta creata la struttura sono dell’idea", continua Stigol "che questo teatro debba avere un minimo di personale fisso – anche dei tecnici degli impianti -, con la certezza per i lavoratori di non essere buttati fuori e di lavorare con continuità e serenità.
Io credo nessuna mensa, cimitero o società partecipata del comune di Varese abbia personale precario, che un giorno arriva e uno se ne va." E poi: "Anche sul lato della dotazione tecnica oggi al Teatro di Varese non funziona perfettamente: ogni volta che devi fare uno spettacolo devi portare tu qualcosa.
Un luogo della cultura deve essere attrezzato come un luogo per fare cultura. Questo permetterà al teatro di maturare e proiettarlo nel futuro".
Spazio ai più piccoli – "Infine" conclude Stigol "le associazioni del territorio che in questi anni hanno dimostrato di essere mature, attive e competitive dovrebbero poter fruire con più facilità della struttura.
Avere la possibilità di usufruire in modo agevolato o con uno calendario alternativo nel corso della settimana, a fianco dei grandi eventi una specie di attenzione al "locale", dedicata a quanto di vivo e creativo c’è in città: è anche un modo di raccogliere fondi, attraverso un affitto" e di rendere più vivo, aggiungiamo noi, questo che dovrebbe essere il nuovo polo culturale della città.
Raccogliamo il punto di vista di una delle associazioni culturali che si occupano di teatro sul nuovo progetto di Piazza Repubblica: "Non è sufficiente parlare solo dell’involucro ma occorre affrontare le tematiche occupazionali ed artistiche".