Si apre con questo aforisma anonimo il nuovo libro di Alberto Bortoluzzi “Chicche di caffé”. “Avevo voglia di creare qualcosa di speciale – spiega l’autore – qualcosa di bello che raccontasse l’esperienza di ognuno di noi”. Bortoluzzi – fotografo ed editore – ha quindi avviato un attento lavoro di ricerca per mettere insieme racconti, immagini e citazioni. Il risultato è un bel volume, dal formato ideale – 19×19 – e realizzato in una carta speciale, “piacevole al tatto e capace di creare sensazioni positive, come l’aroma del caffé”. Bere il caffé è uno dei tanti piccoli riti delle nostre giornate e Bortoluzzi ha pensato: “come sarebbe bello se chiedessi alle persone,  famose, ma anche del nostro quotidiano, amici, di raccontare qualcosa legato alla tazzina di caffè. E così sono partito.

Ho strutturato il testo iniziando dal racconto della storia del caffè con Pierre Ley – critico gastronomico e vignettista. Seguito da quello che è diventato un amico prezioso: il manager responsabile commerciale della Chicco d’oro Giancarlo Samaritani. Al di là del suo lavoro è un appassionato che viaggia spesso nei paesi dove si produce il caffè. Un altro bel racconto è quello di un produttore del Salvador che ho conosciuto in modo rocambolesco. – continua Bortoluzzi – Nel mio ultimo viaggio in India ho incontrato un ragazzo che opera nelle Nazioni Unite: Nahuel Oddone, argentino ma con nonni italiani. L’ho coinvolto nel mio progetto. Lavorando con i paesi in via di sviluppo aveva conosciuto Roberto Salaverria e la sua storia: esule dal suo paese con il sogno di riprendere le coltivazioni del padre, ha fatto fortuna negli Stati Uniti. Poi è tornato in Salvador, ha ricomprato le terre e ha recuperato anche delle varietà di caffè rare. C’è poi il racconto di Ezio Santin, uno dei primi chef italiani ad avere tre stelle Michelin, che ha cominciato come torrefattore e mi ha parlato di qualità affascinanti come il Caracolito.

Si tocca poi l’aspetto medico – prosegue l’autore – anche qui la ricerca è stata affascinante. Il dottor Bruno Galeazzi racconta le sue esperienze di giovane studente quando doveva imparare a fare l’anamnesi e aveva incontrato un’anziana paziente preoccupata per le sue frequenti tachicardie. Le chiese ‘ma, signora, quanti caffé beve al giorno?’, ‘ne bevo solo tre’ e lui, incuriosito ‘in che quantità?’ e lei ‘tre volte una caffettiera da sei’. Quindi beveva 18 caffè! Per avere la testinomianza della dottoressa Silvia Casella mi sono trasformato im agente segreto e l’ho seguita da un ospedale all’altro. Lei è stata felice di partecipare al progetto e racconta che ‘le ultime ricerche hanno evidenziato gli effetti benefici della caffeina sull’umore e sull’attenzione…. il consumo regolare di caffé – purché filtrato – ha un ruolo preventivo nei confronti di alcune malattie neurologiche e un’azione protettiva verso un tipo di diabete e nei confronti di certe forme di tumore’”. Tante notizie interessanti per gli amanti del caffé.

Il libro guarda anche al design, con l’elogio della moka della Bialetti esposta al Moka di New York e la testimonianza del noto designer Alessandro Mendini. E ancora Michele de Lucchi, che ha progettato la Pulcina dell’Alessi: l’idea gli è venuta vedendo le isòbare nelle previsioni metereologiche! C’ e un racconto divertente del giornalista Mario Chiodetti, che ama la napoletana, quasi un oggetto di scultura, che è la più primitiva delle caffettiere perché riprende in modo arabo di fare il caffè. Seguono tante, diverse esperienze. Quelle di registi come Marco Risi – è suo il divertente  ‘Morte di un bevitore di caffé’ – Leonardo Pieraccioni – lui tesse un elogio della moka, dicendo di essere un mokista e non un cialdista – e, ancora, Alberto Sironi, regista di Montalbano Ci sono tanti racconti di amici, come Franz di Cioccio della PFM o Maria Gabriella Federico, che mi ha raccontato di essere nata al Cairo e tutte le mattine la domestica le preparava il caffè e dopo leggeva i fondi”.

E le storie sono inframmezzate da aforismi e da immagini legate al caffé: “mi sono divertito a far foto di elementi un po’ insoliti – spiega l’autore -, come i fondi della tazzina di caffè. Poi, andando su Internet e Instagram ho cominciato a cercare tutti gli artisti che lavoravano con il caffè. Ho trovato Giulia Bernardelli che, da una tazzina rovesciata, faceva nascere mondi da Alice nel paese delle meraviglie. Artisti stranieri e anche varesini, come Giorgio Vicentini che ha fatto apposta un’opera per me, oppure Silvio Monti.

“Chicche di caffé è un libro costruito in un modo speciale: mattone su mattone. Credo che la cosa più interessante siano le esperienze che la gente vive. I miei libri non hanno finalità commerciali. Ho scoperto che mi piace essere in qualche modo un direttore d’orchestra che unisce le capacità di ciascuno per creare un’unica bella cosa”.

Concludiamo con un bell’aforisma di  Alex Zanardi: “la vita è come il caffè. Puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuol far diventare dolce, devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede nulla”.

 

Alberto Bortoluzzi, “Chicche di caffé”, Alberto Bortoluzzi Editore  in vendita in libreria (in Lombardia e in Svizzera) oppure su Amazon.

www.albertobortoluzzi.com

Chiara Ambrosioni