Padre Elia, al secolo Sergio Spezzano, madre-lingua arbëreshe, Monaco-Poeta dell’Abbazia di Chiaravalle, in quel di Milano, ci racconta la sue letture e i suoi versi e la sua visione poetica, talvolta ispirata da altri Monaci italiani e non, affermatisi anche come poeti e portatori di un dettato etico oltre che estetico. Durante questa chiacchierata che ha spaziato dall’origine della poesia ai giorni nostri, ci siamo ritrovati in un pomeriggio soleggiato, a camminare, correre e sostare, tornando al punto di partenza: nella sua valle chiara.
Il linguaggio che induce all’azione
Noi di Poetando abbiano un’ambizione, tra le altre: quella di mettere in luce la poesia performativa; nella tua vita, quando pensi di avere avuto per la prima volta la sensazione di esservi indubbiamente di fronte?
Padre Elia:”Se per performativa intendiamo in linguistica quelle espressioni che non hanno funzione descrittiva ma consistono nel compiere o far compiere un’azione o trasformazione vera e propria, allora direi il capolavoro di E.L. Masters “Antologia di Spoon River” che ho avuto modo di apprezzare durante l’adolescenza e che continua ad essere fonte d’ispirazione. In Spoon River i personaggi, morti, sembrano vivi, sono tutt’ora soggetti teatrali e cinematografici; hanno una profondità e un orrore così comuni e umani che muovo il lettore ad una condivisione totale, quasi a una fratellanza e alla pietà; siamo di fronte ad un’opera d’arte immortale nella quale il poeta è stato magistralmente in grado di far dialogare la poesia con il lettore. Ed io continuo ad apprezzarlo e a rileggerlo grazie alla traduzione della Pivano,la migliore, a detta anche di Cesare Pavese. Questa capacità, che rende l’opera intramontabile, di indurre all’azione facendoti sentire in sintonia, in dialogo con i versi stessi l’ho poi sempre ritrovata in tutta la poesia(rara n.d.r.) italiana di linea dantesca.”
La cre-azione che passa dal verbo. I canti di Dante sono “come una Cattedrale”
Si tratta di creare attraverso il linguaggio un’azione che induce a fruire della poesia in modo costruttivo con una spinta all’agire in modo ineluttabile?
P.E.: “Si tratta di un modo di porsi, non essere panteisti ma mediare attraverso la propria parola, quella che si è ascoltata e meditata; ad esempio il rapporto di Dante con i Cistercensi. Ho scoperto da quando sono Cistercense che la chiave di lettura del Paradiso è proprio la spiritualità Cistercense; leggendo i versi e guardando certi canti di Dante mi sembra proprio di entrare in una Cattedrale Cistercense, figure di aquile di beati, per esempio, leggere i canti del Paradiso di Dante è come ammirare il rosone di una cattedrale Romanica o Gotica, in quanto sono tratti e ispirati direttamente e in particolare dalla simbologia utilizzata da San Bernardo. Questo è il rapporto fortissimo che sento tra la poesia di Dante e il monachesimo. Insomma, se Dante non si fosse sposato sarebbe diventato certamente un Monaco Cistercense, ricordiamo che studiò presso la famosissima Abbazia di S. Miniato al Monte a Firenze che all’epoca era Cistercense. Questa è naturalmente la mia opinione ma sento forte questo pensiero perché guardando alla sua vita e alle sue opere, si capisce che ha vissuto in maniera intensa e totalizzante la missione della quale si è fatto portavoce, affinché il mondo cambiasse in meglio. Infondo “il Monaco è colui che in tutto ciò che fa si impegna al meglio” così sosteneva Abba Ilarione, Padre del deserto e Monaco eremita.”
Fra poesia e monachesimo: il Sommo Vate e La Divina Commedia
Per indagare meglio il rapporto tra Dante e la figura del monaco-poeta ti sovviene qualche figura particolare, cantata dal Sommo?
P.E.: Certo, per esempio Folco di Marsiglia, protagonista del XIII canto del Paradiso, fu trovatore e Dante nel Convivio aveva indicato anche una sua poesia come forma perfetta di poesia nella sua epoca; Folco addirittura da Trovatore divenuto Cistercense, da Cistercense divenne Vescovo di Marsiglia; morì in una notte di Natale nel XIII Secolo. Oppure lo stesso Bertrand de Born, citato come poeta nell’Inferno XXVIII canto, Dante non dirà che è Cistercense per una forma di rispetto verso l’ordine stesso. Lo stesso Francesco, citato da Dante come Santo “Nacque nel mondo un sole e Francesco era il suo nome” oltre che Monaco è stato a tutti gli effetti il fondatore della nostra poesia. Nel suo rapporto con la natura fu un poeta tanto che il Cantico della Creature è diventato una delle più alte forme di poesia di tutti i tempi.
Il Monaco è anche naturalmente poeta
Quindi il monaco e il poeta possono coesistere?
P.E.: “Non solo possono coesistere ma di fatto è un connubio che quasi è naturale; moltissimi sono i monaci che sono stati anche poeti. Io sono Monaco perché Poeta e da Monaco ho imparato ad essere poeta veramente. Moltissime sono le figure di Monaci che hanno scritto poesia e direi che proprio l’approccio monastico è un approccio poetico, non solo dimostrando amore verso la natura ma soprattutto avendo un rapporto sincero con la parola ascoltata, scritta e letta che è poetico già di per sé; trovare il senso profondo della parola e poi tradurlo nel proprio linguaggio e nella propria vita.”
Monaci e Poeti: l’approccio monastico è rigenerazione
Pensando al 900, Padre Elia ci racconta dei maestri e di come vive la sua dinamica poetica, da monaco: Thomas Merton, Ernesto Cardenal, David Maria Turoldo, solo per citare alcuni indimenticabili, coloro che hanno inciso profondamente nella vita delle persone caratterizzando l’epoca che hanno vissuto grazie non solo ai loro versi ma all’esempio e al dettato metapolitico proposto, riuscendo a trasporre nei versi la dimensione del reale, senza abbandonare la lirica e il portato spirituale.
Gli chiediamo: è poesia generatrice quella che nasce dai monaci?
P.E. “Noi Monaci tendiamo ad ‘agire’ con i versi poetici che proponiamo, non tanto per consacrare la nostra vita ma per cogliere in tutto quello che succede intorno, l’eterno svolgersi della parola; debbo citare a questo punto un quadro che ho visto e che mi ha ispirato tantissimo quando sono stato custode nei Musei Vaticani: è ‘La génération éternelle du verbe’ di fronte al quale mi incantavo, percependo l’ispirazione della parola e la sua eterna generazione; rigenerandosi, la parola è colei che ci genera eternamente. Nella poesia la parola non è neutra ma incide e vive una dinamica generatrice. Io cerco di vivere il rapporto con la parola anche attraverso i miei scritti, lo scopo è incidere profondamente nella vita delle persone, non tanto consacrare la nostra vita all’arte ma cogliere la realtà che ci circonda con l’eterno svolgersi della vita.”
Antonia Pozzi e Chiaravalle
Antonia Pozzi, intellettuale milanese, poetessa, scalatrice e mirabile fotografa di inizio 900 ha avuto vita breve e intensa e ha scelto come suo “letto di morte” il prato antistante l’Abbazia. Che rapporto c’è tra l’indimenticabile Antonia che ispira ancora opere teatrali, cinematografiche e letterarie e la comunità monastica?
P.E.: “Antonia rappresenta per me un momento fondamentale del mio rapporto con la poesia. Non appena fui trasferito qui a Chiaravalle, mi venne dato modo dall’Abate (il quale mi fece dono di parecchie raccolte su di lei) di conoscerla, studiarla e di leggerla per capire cosa avesse indotto una giovanissima donna, all’epoca ventiseienne, a togliersi la vita qui. Si pensi che in una sua poesia racconta di un suo sogno nel quale i monaci l’avrebbero seppellita proprio in quel luogo. E di conseguenza i miei versi, quelli dedicati ad Antonia, sono un continuo ascolto e dialogo costante con lei.
I tuoi dialoghi con Antonia Pozzi
Sappiamo che hai scritto numerosi dialoghi poetici per Antonia, in passato ti era stato addirittura affidato dall’Abate l’incarico di studiare e valorizzare la figura di Antonia, cosa puoi dirci?
P.E.: “Dal momento in cui la lessi, apprezzai la sua poetica, andando a conoscere anche la sua anima, attraverso i versi che ci ha lasciato. Da quel momento appunto, Antonia rappresenta per me una cara compagna di viaggio poetico; idealmente ritrovo in lei la voce di tanti giovani che incontro e ascolto quotidianamente proprio nella mia vita da Monaco che intercetta i bisogni e i desideri di bellezza dei ragazzi e delle ragazze che frequentano la comunità di Chiaravalle. E così i miei “dialoghi per Antonia” nascono da un’esigenza di ascolto, conoscenza e racconto. Ogni giorno entrando in coro per cantare Dio, rivolgo il mio cuore alla fragilità degli uomini e idealmente il mio sguardo al di là del muro, dove esattamente ottantuno anni fa è stata ritrovata, in fin di vita, Antonia Pozzi e vorrei accogliere dentro me il suo grido e fonderlo con la preghiera che canto”
Ed è proprio in questa verdeggiate valle chiara e colma di vita e di meditazione che abbiamo incontrato Padre Elia che ringraziamo per averci dato modo di rileggere un poco Dante, scoprire alcuni suoi “maestri” e le sue preferenze poetiche, padrini e madrine dei suoi versi, e riscoprire alcuni dei monaci-poeti che hanno caratterizzato e forse anche un po’ cambiato la realtà che viviamo.
Luisa Cozzi