Kallistē: “La Bellissima”. Era questo il nome greco della più bizzarra delle Cicladi poi ribattezzata “Santorini” dai Veneziani, in onore di Sant’Irene.
Mediterraneo: in mezzo alle terre, il mare delle prime Civiltà_ dell’Umanità. Scelgo il punto di osservazione migliore in questa meraviglia: il centro. Il nucleo geologico di quest’isola si trova infatti tra la zolla europea e quella africana ed è questa l’origine del vivo vulcanesimo del territorio dove ci troviamo.
Santorini emerge come una dea dalle acque, colora ogni mia percezione di spazi liquidi, di roccia rugosa, antica.
Dall’alto, la caldera è un cerchio vuoto, spezzato dalle forze della Natura e lasciato lì così, imperfetto. Pronto per essere abitato.
Il crinale, infatti, è tratteggiato da un paese generoso di luce raffinata. Uno spruzzo di case bianche appoggiate, in equilibrio armonico, al bordo del cratere. Gli elementi delle molecole di cui noi stessi siamo fatti qui si trovano allo stato libero.
Percorriamo tutta l’isola rinvenendo indizi ad ogni passo: come un libro di Storia aperto su tracce di mondi perduti, si schiudono davanti a noi antichità ed enigmi.
AKROTIRI La città più vecchia d’Europa. Lo sapevate? Un sistema complesso di case a due piani, strade, magazzini, già vivo probabilmente intorno al 3000 a.C.
A testimonianza del livello di civiltà di questa misteriosa popolazione una commovente vasca da bagno, con un design del tutto simile a quelle in ghisa dei primi del ‘900.
Non è certo la Grecia degli spazi lasciati vuoti da un’economia in crisi, è un territorio lussureggiante di Storia & Civiltà. I reperti non sono solo memoria del passato, sono contenitori di indicazioni per il presente.
Camminando lungo il sentiero verso il piccolo santuario di Panaghia Katefiani, scorgo un sassolino di colore strano. Mi chino a raccoglierlo: sembra un frammento di un vaso, in parte dipinto. Alzo lo sguardo e solo allora mi accorgo che, a qualche decina di metri dai miei piedi, si trova il cimitero degli Achei dell’Antica Thira.
Lasciarsi sorprendere, provare ad immaginare le connessioni, perdersi nella scoperta, rinvenire le risposte… Credo che siano sensazioni che solo gli archeologi e pochi appassionati possano comprendere.
Le Isole del Mar Egeo sono state abitate fin dai tempi preistorici, dapprima ospitando gli embrioni della futura Civiltà Occidentale e poi divenendo il ponte naturale attraverso il quale i due Antichi Mondi, Europa e Asia, hanno commerciato, si sono combattuti e si sono studiati vicendevolmente.
1628 a.C. Eruzione minoica. quattro giorni di un cataclisma talmente potente da oscurare il cielo per una intera stagione. L’esplosione fu così grande da generare una colonna eruttiva che raggiunse i 36 Km di altezza, disperdendo cenere vulcanica in tutto il Mediterraneo orientale, dal Mar Nero al delta del Nilo. Poi il terribile collasso della struttura vulcanica: un’isola intera sprofondò producendo onde che arrivarono fin sulle coste dell’Africa. Il magma sottostante venne a contatto con l’acqua marina poco profonda dell’insenatura, provocando una violenta generazione di vapore. Una delle più grandi catastrofi dell’umanità, i cui effetti sul clima si registrarono in tutto il continente europeo e non solo.
L’evento è in realtà probabilmente ciclico: sappiamo che la caldera si riempie lentamente di magma e collassa su se stessa ogni due o tre migliaia di anni: più o meno con la stessa dinamica studiata nel Krakatoa in Indonesia.
Questa eruzione ha distrutto tutti i reperti organici quindi, per arrivare ad una datazione dell’evento, sono stati utilizzati gli anelli di alcuni alberi fossili trovati in Germania, che riportano il segno evidente della mancanza dell’estate in quell’anno. Ad Akortiri invece, protetti dalle anfore, sono stati rinvenuti semi di ulivo, che possono essere datati al Carbonio 14. Incrociando i dati di questi ed altri reperti si è giunti ad una data quasi certa.
Purtroppo non sono rimaste molte testimonianze del misterioso popolo che ha abitato l’isola prima del disastro, ma dai ritrovamenti pare essere stato molto più evoluto di ciò che potrebbe far pensare il periodo in cui viene collocato, tanto da far supporre che si tratti del mitico Regno di Atlantide.
L’Atlantide descritta da Platone era una città circolare con una parte centrale costruita sulla terraferma, nella nostra ipotesi l’isola di Nea Kameni, molto più grande di come risulta ora, con un importante canale d’acqua che la circondava. Esternamente un’altra striscia di terra circolare completava la struttura insulare: il cratere della precedente eruzione, oggi l’isola di Thera.
Platone colloca questa terra al di fuori delle Colonne d’Ercole, ma si deve considerare che i suoi scritti erano finalizzati ad affermare il potere della Grecia, così egli descrive il “castigo” imposto dagli Dei alle civiltà che non riconoscevano la loro superiorità.
E pensare che fu un’esplosione non centro improvvisa. Gli abitanti di Santorini erano stati avvisati nelle settimane precedenti da continue scosse di terremoto. Sono stati trovati letti, ovviamente carbonizzati, dei quali sono oggi visibili i calchi in gesso, curiosamente posizionati al di fuori delle abitazioni. Ma, a pensarci bene, cosa facciamo anche noi oggi quando ci sono i terremoti? La popolazione probabilmente fece anche in tempo a scappare via mare. Questo è dimostrato dal fatto che non sono stati trovati corpi, come nell’analoga situazione di Pompei, dove l’evento è stato invece di immediato effetto. Ci sono anfore, attrezzi, mobili nelle case ma non c’è oro. Altro elemento che fa pensare ad una fuga non così imprevista.
Tuttavia, la sottigliezza del primo strato di cenere, insieme alla mancanza di un’erosione rilevante di questo livello da parte delle piogge invernali, prima che il successivo strato fosse depositato, indica che il vulcano forse concesse alla popolazione locale soltanto pochi mesi di preavviso.
Ma dove possono essere andati gli abitanti dell’isola? Platone narra che il racconto di Atlantide ha origini egiziane, infatti è probabile che le navi dei profughi in fuga dall’esplosione imminente, siano state spinte verso sud-est, direzione prevalente dei venti, fino ad arrivare in Egitto. Il ché è testimoniato anche da alcuni dipinti dell’Antico Egitto realizzati con le stesse tecniche e con gli stessi soggetti di quelli della civiltà minoica.
Anche a Creta l’impatto dell’esplosione fu enorme ma non tale da distruggere l’intera isola. Sicuramente uno Tsunami di vasta portata, un’onda alta fino a 150 m., devastò le coste dell’isola ma non annientò completamente la popolazione. I Minoici di Creta sopravvissero ancora nella loro terra ma la civiltà cominciò un rapido declino, per motivi essenzialmente climatici, poiché i raccolti andarono irrimediabilmente perduti. Ma c’è dell’altro.
L’organizzazione sociale dell’antica Creta prevedeva una classe sacerdotale femminile legata la culto della “Grande Madre”, che aveva importanti funzioni amministrative ed il sommo compito di interpretare la volontà degli dèi. Il fatto è dimostrato dall’uso dello zafferano come allucinogeno durante i rituali religiosi. Queste sacerdotesse evidentemente non avevano saputo prevedere una catastrofe di tali proporzioni. Quindi la popolazione cominciò a dubitare della classe dirigente ed è verosimile pensare che scoppiarono delle rivolte, mentre si cercava in tutti i modi di placare l’ira degli Dei.
Riguardo a questo aspetto è utile ricordare come, in più di un sito, siano state ritrovate tracce che fanno supporre che nei giorni dell’eruzione fossero state condotte pratiche rituali con sacrifici umani, consuetudini che presso i minoici, come per molte altre culture antiche, venivano riservate a casi di eccezionale gravità.
Il fallimento di questi estremi tentativi deve aver influito in maniera molto pesante sui rapporti di forza della società cretese dell’ultimo periodo.
Infine si aggiunge il fatto che le navi minoiche, per secoli dominatrici dei mari dall’Egitto all’Anatolia, alla Spagna, divenendo i fornitori pressoché esclusivi di numerosi prodotti, erano in buona parte andate distrutte a causa del maremoto o incenerite dalle nubi ardenti. Stessa sorte toccò ai numerosi porti, strutture essenziali per il commercio. Le città minoiche vennero ricostruite, certamente con più sfarzo architettonico ma ormai la civiltà era destinata al crepuscolo.
Forse la splendida cultura minoica non andò perduta ma si diffuse capillarmente, fondendosi agli albori di quella che in seguito sarebbe diventata la Grecia classica. Le testimonianze dirette purtroppo sono poche e frammentarie, quindi gli storici possono solamente tentare supposizioni.
Insomma l’Isola di Santorini sprofondata si è portata con sé, negli abissi inviolati del mare, il suo segreto e probabilmente mai vorrà svelarcelo.
Tutte le opere dell’uomo sono sorte per splendere in eterno e sono crollate, facendo posto ad altre culture che si sono succedute. Gli ideali, le tradizioni, le religioni si sono diffuse per poi magari perdersi nella polvere ma l’energia della terra ha continuato a sprigionarsi, oggi come migliaia di anni fa, forse per dare all’uomo la possibilità di cambiare.
Ivo Stelluti, Il Viaggiator Curioso.
Parco archeologico di Akrotiri, Santorini, 15 Agosto 2017.