Onde primordiali, innaturali, incantate, spinte da un vento con poteri straordinari.
Il punto in cui due oceani s’incontrano ha una forza oscura ed ancestrale. “Sii come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovarci” Non si tratta di un aforisma induista: è una citazione di Jim Morrison.
L’isola di Rameshwaram si estende a forma di conchiglia tra la costa del Tamil Nadu e lo Sri Lanka. E’ collegata alla terraferma soltanto tramite di un ponte chiamato “Indira Gandhi Bridge”, dedicato alla prima donna che diventò Primo Ministro nel 1966, una delle figure chiave dello sviluppo della democrazia in India.
Conosciuta come la Varanasi del Sud, quest’area rappresenta fin dall’antichità uno dei principali siti di pellegrinaggio dell’induismo. E’ considerato un territorio sacro soprattutto a causa della sua posizione, vicino alla misteriosa confluenza tra Ratnakara, l’Oceano indiano e Mahodadhi, il Golfo del Bengala.
Secondo la mitologia del Ramayana, il principale poema epico indiano, fu qui che Rama, manifestazione del dio Vishnu, al ritorno dalla vittoriosa battaglia nella terra dei Lanka contro Ravana, riportando a casa la sua consorte Sita che era stata rapita dal Re Demone, chiese perdono per l’uccisione compiuta e rese grazie al dio Shiva per la vittoria. Per questo motivo il luogo è oggetto di culto tanto per gli indù vishnuìti quanto per i seguaci di Shiva. La spiaggia sacra ove i pellegrini si bagnano prima di entrare al tempio è la meta principale dell’isola, poiché qui si venera il più meridionale tra i 12 lingam di luce disseminati per il sub-continente, manifestazioni supreme del Dio Shiva.
Seguendo la tradizione, il pellegrinaggio a Rameshwaram è considerato completo se ci si reca al santuario muniti di acqua del Gange, proveniente da Varanasi, con la quale compiere il rito dell’adorazione del Lingam. Quell’acqua l’ho raccolta con le mie mani quasi dieci anni fa ma quella è un’altra storia, un’altra India.
All’estrema punta della penisola sorgeva l’abitato di Dhanushkodi, il cui nome deriva da “Dhanush”, l’arco di Rama, dove la terra termina nel mare formando proprio un arco di isole, per poi riaffiorare nella terra di Lanka e dove la tradizione vuole che L’eroe del Ramayana abbia costruito un ponte per poter tornare in patria. Nel 1964 purtroppo la cittadina di Dhanushkodi fu cancellata da un devastante ciclone, ma nel punto in cui la straordinaria confluenza dei due mari ha luogo, si può ancora beneficiare di un paesaggio magnifico e selvaggio da finis terrae.
Ci avviciniamo ad alcune bancarelle dove alcuni ambulanti vendono collane e perle. I mercanti ci raccontano che provengono dallo Sri Lanka e tutte le mattine arrivano con le barche per smerciare i loro prodotti, perché qui ci sono i pellegrini. Confessano che è illegale ma ci chiedono di aiutarli come possiamo.
La guerra civile nella loro Patria è terminata nel 2009 ma spiegano che l’economia stenta a riprendersi. Il conflitto, durato quasi trent’anni, ha provocato circa 100mila morti e la gente fa fatica a dimenticare. Niente turismo, niente commercio.
Domando con ingenuità: “ma è così vicina la vostra terra?”
Loro si voltano all’unisono e indicano una linea all’orizzonte, scura contro l’azzurro luminoso dell’oceano.
Anche qui un confine, invisibile, sconosciuto, affascinante e ricco di Storia. Ma ancora oggi pericoloso.
Ivo Stelluti, Il Viaggiator Curioso,
Rameshwaram, Tamil Nadu, India
28 Aprile 2018.