Il filosofo Tagore, nato nel 1861 a Calcutta, ha scritto: “non ho lasciato in cielo la storia dei miei voli. Ho soltanto volato e questa è la mia gioia”.

Così, senza troppo indugiare, seguendo le sue orme, abbiamo volteggiato un’altra volta tra templi, pianure e mari d’India. Ci è stata data questa possibilità: ritornarci ancora.
Meravigliarci nuovamente di fronte alla potenza narrativa di una scultura misteriosa nascosta tra le rocce, di una collina sacra e segreta, di una natura talmente prorompente che ti scorre davanti facendoti rimanere completamente senza fiato.

Il segreto, in India, è proprio questo:
lasciarsi attraversare non trattenere, non fare muro, prendere ciò che ti serve e far andare via il resto, stare “con” e mai “contro” la corrente. Seguire i passaggi della vita ed accettarne le incertezze, senza chiedere nulla in cambio. E’ questo il suo comandamento: imparare ad assecondare la vita, che non vuol dire accontentarsi ma armonizzarsi alla propria esistenza. Non è mai troppo tardi per incominciare.

Qui abbiamo appreso persino la bellezza di farsi accompagnare dal flusso del tempo, senza imporci o fare troppe domande. Tutto qui avviene per caso ma mai a caso, se ci fai caso. Questo posto è così: continui a cercare e non trovi mai nulla ma ti imbatti in qualcosa che ti porta a inseguire qualcos’altro. Che poi magari, alla fine, è proprio quello che desideravi scoprire.

L’india è un concentrato del Mondo. Un luogo strapieno di storie pronte per essere narrate. E’ una sorta di sperimentazione continua, un costante spingersi fuori dalla propria “confort zone”: vai avanti per poi tornare sui tuoi passi, sali in superficie senza perdere la profondità.

Ogni saluto ad una persona incontrata per strada è un “Namasté”: accolgo il divino che c’è in te1.

L’ultima inquadratura in campo lungo si apre sulla strada che ci riporta, dal punto d’incontro tra i due mari, fino al villaggio di Rameshwaram e poi a Madurai e poi ancora, in fretta, sulla scaletta di un aereo, con le valigie strapiene di ricordi, in rotta per Cennai, quindi Francoforte e infine l’ultimo volo con destinazione casa.

E’ un tuc-tuc traballante tenuto insieme col fil di ferro che ci trasporta sulla strada sconnessa, tratteggiando la costa per ricondurci alla realtà.
Sulle buche più profonde sembra decollare tagliando i raggi obliqui di un tramonto svelato senza contorni.

Hai una luce negli occhi rara e bellissima.
Ti prendo la mano: questo è il TUO luogo, è evidente. Per te ha un senso ancestrale che nessun altro può comprendere razionalmente. In una precedente ipotesi di vita senz’altro tu eri qui, con tutti questi colori.
“Invece il tuo posto qual è?” Mi chiedi d’improvviso, così, senza una premessa, leggendomi il pensiero. “Forse, non l’ho ancora trovato” confermo piano, sillabando leggero per farmi sentire appena.

Percorrere insieme questa linea di terra che sa d’infinito ma sfugge dall’idea di orizzonte, rimane una delle immagini che amo di più dei nostri luminosi giorni di viaggio insieme. Mi piace ricucirmela al cuore, tenermela sempre stretta come quelle fotografie un po’ consumate che trovi tra le pagine di un libro. Una pista di sabbia che si perde al confine fra terra e mare, corre magica sfiorando un oceano azzurro chiaro e là in fondo due puntini: io e te, con tutta la libertà che abbiamo.

1 Grazie a Pierpaolo di Nardo per le luminose ed insostituibili parole che ho divorato e interiorizzato, tratte dalla guida “Maldindia – Perché non puoi più farne a meno”, Polaris, 2016.

Ivo Stelluti, Il Viaggiator Curioso,
Rameshwaram, Tamil Nadu, India
28 Aprile 2018.