Busto Arsizio – Se in un libro si parla di Baden-Baden, Biarritz e Capri lo compro subito, come ho fatto per questo scritto a quattro mani da Alessandro Martini e Maurizio Francesconi, da leggere sprofondati in una poltrona simile a quelle, tutte damascate, che arredavano le sale di lettura, di conversazione o da fumo dei Grand Hôtel, il simbolo dell’età d’oro della villeggiatura. S’intitola “La moda della vacanza. Luoghi e storie 1860-1939” (Einaudi, Saggi 1012) e in 350 pagine illustra le località di villeggiatura che una società senza problemi non poteva mancare. Di queste “stazioni turistiche” racconta i miti e i riti, indugia sugli alberghi sfarzosi e sulle sedi privilegiate dove vedere e, soprattutto, farsi vedere, sui vizi privati e le pubbliche virtù degli ospiti, ovviamente sempre chic, anche perché l’ultima moda veniva lanciata proprio in questi ambienti.
Tutto incominciò con la smania del passar le acque, verso la metà dell’Ottocento, e il pensiero va ai bagni di Plombières dove è ambientato “Il Viaggio a Reims” di Rossini e dove s’incontrarono Napoleone III e Cavour; poi taluni ardimentosi s’avvicinarono alle montagne e osarono scalarle e tanti si accorsero allora del silenzio dei boschi e dell’amenità di questi siti salutari mentre i granduchi russi e i principi del Nord Europa, ricchissimi ma dal fisico gracile e un po’ deboli di petto, scoprirono il clima mite e i colori infiniti della natura in riva ai mari. Si aprì così la stagione dorata della vacanza e anche dei viaggi, una stagione che coinvolse freneticamente l’alta società europea e presto anche i magnati dell’America. Da allora vacanze e viaggi interminabili come quelli di Maria Fëdorovna, vedova dello zar Alessandro III, nata Dagmar di Schlesvig-Holstein-Sonderburg-Glücksbourg e poi principessa di Danimarca, insomma una presente, eccome, sull’Almanacco di Gotha, che nell’inverno 1907 andò a Biarritz, rientrò “in Russia a giugno per restarvi fino all’inizio dell’autunno per poi nuovamente riattraversare tutta l’Europa, facendo tappa a Baden-Baden, Cannes e Roma e ricominciare la stagione”.
Tutto un attraversare in lungo e in largo l’Europa, ma per alcuni “touristes” i viaggi avevano mete ben più lontane. Ci si poteva spingere in Asia o sulle coste e nel deserto dell’Africa, alla ricerca di un mondo diverso, molto spesso solo vagheggiato, oppure andare in America per vedere e capire la sua ascesa vertiginosa, raggiungendo il Nuovo Mondo su transatlantici enormi, ma dalla silouhette elegantissima, dove tutto era all’insegna della modernità e della comodità, finanche del superfluo come la sabbia vera a bordo piscina del Rex. Invece i lunghi percorsi in ferrovia esigevano treni “de luxe” come il mitico Orient Express sul quale non salì solo Agata Christie, o il “Train Bleu”, destinazione la Côte, ispiratore di un balletto di Jean Cocteau su musica di Darius Milhaud, con scene cubiste di Henri Laurens, costumi di Coco Chanel e, come sipario, la “Corsa” di due monumentali donne sulla spiaggia da un bozzetto di Picasso: nelle fotografie dello spettacolo si coglie, perfetta, l’immagine dello spirito e dell’energia dei ruggenti Anni Venti.
Le stazioni erano a pochi passi dai Grand Hôtel riconoscibili per le cupole dorate, le mansarde, gli atrii lussuosi e i saloni sfarzosi dove pendevano lampadari dai mille e mille pendagli. Qui i segreti delle alcove adultere li conoscevano solo i discretissimi portieri, ma le feste e le cene di gala erano eventi, tutto uno sfoggio di “toilettes” eleganti, e talvolta anche conturbanti, e di gioielli veramente da capogiro di Cartier, Boucheron e van Cleef. Una gara per le signore, ma anche gli uomini non eran da meno, in impeccabile frac e guanti color lavan
da e, venuto il tempo, in smoking, finanche con giacca bianca!
Per incontrarsi quali erano le mete? Le elencano soffermandosi con partecipe attenzione Martini e Francesconi, da quelle più prestigiose e davvero irrinunciabili ad altre di storia più effimera. Al Negresco sulla “Promenade des Anglais” di Nizza scendevano i Rockfeller e i Vanderbilt, all’Angst di Bordighera, se non venne la regina Vittoria fu solo colpa della guerra dei Boeri e poi Proust al Grand Hôtel de la Plage a Cabourg e Mann al Lido di Venezia e a Davos (qui veramente il soggiorno era al Sanatorio Berghof) mentre a Sankt-
Moritz dovette lasciare esterrefatti l’ineffabile marchesa Casati in abito di Léon Bakst che di alpino proprio nulla aveva. Troppo lungo l’elenco degli ospiti illustri al Pera Palace di Istanbul; invece al Raffles di Singapore Kipling, Conrad, Hesse e William Somerset Maugham, ma loro erano intellettuali e scrittori alla ricerca di un altrove vagheggiato più che reale. Per gli amanti della vita mondana o del “dolce farniente” contavano piuttosto le stazioni climatiche, balneari e termali e allora non potevano mancare Capri, non solo per vedere i Faraglioni e le strepitose bellezze naturali, e Biarritz bagnata dalle acque dell’Atlantico, “regina delle località
turistiche e località per re”, a cominciare dalla imperatrice Eugénie”. Poi, prima di finire la lunga stagione delle vacanze per ricominciarla subito dopo, l’appuntamento per queste persone “dalle vite inutili, ma di buone intenzioni” (Coward) era alle terme per i bagni terapeutici: mete predilette Ostenda, Spa, Karlsbad, Vichy, Aix e Baden-Baden dove, in un continuo mutar d’abito, tra passeggi eleganti e galanti lungo l’Oos, pasticcerie golose, Friedricsbad, ippodromo e Casino trascorreva il tempo della villeggiatura: un tempo lungo, però non eterno. Nel 1939 si fermò senza nemmeno lasciare il tempo per gli arrivederci.
Giuseppe Pacciarotti