Riporto qui di seguito la seconda parte di un mio breve racconto dal titolo “Elephants walk again” ambientato sull’isola di Koh Lanta. Questo breve scritto illustra più di tante parole le emozioni che abbiamo incontrato in un’insolita Thailandia, ancora poco battuta dal flusso turistico occidentale.
Attraversiamo a bordo degli elefanti una piantagione di caucciù diretti a nord, alla Grotta dei Pipistrelli. Fortunatamente, dopo un po’, il vento si placa.
L’animale sopra il quale mi trovo ora procede lento e sicuro, come l’abbiamo sempre immaginato nelle fiabe di Walt Disney, pestando i passi al ritmo del tempo che scorre e il suo autista canticchia ormai rassicurato del pericolo scampato.
Il mio autista Sandokan mi lascia solo, per tornare indietro sulla pista e ricompattare il gruppo di pachidermi. Mi volto, sperando che non ci sia nessuno ad osservarmi. Non c’è nessuno.
E’ il momento: accarezzo l’elefante.
Così, come un gesto catartico, solo per sentire al tatto la sua pelle di terra sgretolata. Non l’avevo mai provato prima d’ora.
Siamo quello che osiamo quando sappiamo che nessuno ci sta guardando.
Poco dopo Sandokan ritorna e mi trova appeso con le unghie alla groppa dell’animale. Mi osserva rigirarmi intorno spaurito: tutti i muscoli in tensione. Volto la faccia di scatto ad ogni dondolio di rami. Cerco di spiegare che è la mia prima volta su questo “mezzo di trasporto”.
Sperando di rassicurarmi, lui m’apostrofa con l’occhio di chi la sa lunga: “Questi animali molto buoni. Resistono a tutto. C’erano prima dell’uomo. Quando uomo sarà finito sulla terra, loro continueranno a camminare.”
Ivo Stelluti,
Il Viaggiator Curioso