Milano – In mancanza di strumenti specifici la dimensione di uno spazio viene misurata dallo sguardo, sentimentalmente? razionalmente? Un po’ e un po’? Fate voi.
Per praticità definiremo estremi uno spazio aperto, il deserto e uno chiuso, un monolocale.
Nelle prima condizione l’unico elemento untile risulterà la linea dell’orizzonte, nel secondo caso, porte e finestre.
Ed eccoci al punto.
Tali implicazioni permeano le fotografie di Luisa Lambri in “Autoritratto” a cura di Diego Sileo e Douglas Fogle, che dopo essere state esposte a New York e a Los Angeles, sono ora in mostra al PAC sino al 30 maggio.
L’equilibrio tra interni e esterni non assume esclusivamente valenze spaziali, bensì come scandisce il titolo della mostra, allude ad una interiorizzazione con il proprio io e di conseguenza tende ad aprire sintonie con la memoria legata al mondo esterno.
Le foto, alcune inedite, realizzate tra il 1999 e il 2017, attivano un dialogo con i volumi delle grandi vetrate del PAC progettate da Ignazio Gardella a definire l’attenzione che Luisa Lambri (Como 1969) da sempre riserva all’architettura aprendo nell’occasione orizzonti anche a figure come Alvaro Siza, Walter Gropius, Marcel Breuer, Luis Barragàn e Giuseppe Terragni.
“Autoritratto” è altresì un omaggio alla critica d’arte e alla scrittrice Carla Lonzi, teorica dell’autocoscienza e fondatrice delle edizioni Rivolta Femminile, nei primi anni ’70.
La luce per Luisa Lambri suona come fulcro tra esteriorità e intimità quale veicolo poetico di percorrenze che dal mondo esterno arrivano nell’intimo profondo.
Luisa Lambri – “Autoritratto” – PAC, Via Palestro 14. Fino al 30 maggio. Orari: martedì – domenica 5.30-19,30
Mauro Bianchini