Casale Monferrato – Il Castello dei Paleologi sarà la cornice della mostra “Esperienza #02” del gruppo L’ora di Mosca, che da sabato 10 luglio (alle 17) si aprirà al pubblico. Una collettiva che intende raccontare lo stato d’animo di alcuni artisti dopo il cambiamento costretto dalla pandemia e i conseguenti effetti sulla qualità della vita e sull’uomo.
Come nasce il gruppo e chi sono gli artisti
Undici gli artisti che hanno dato vita al gruppo “L’ora di Mosca“, nato nel giugno dello scorso anno, alla fine del primo lockdown. Sono: Aqua Aura, Giuliano Caporali, Loretta Cappanera, Elisa Cella, Andrea Cereda, Angelica Consoli, Nadia Galbiati, Marco Grimaldi, Alex Sala, Matteo Suffritti e Manuela Toselli. Tutti accomunati dall’intento di instaurare un dialogo tra mondi immaginativi diversi tra loro, così come i linguaggi, seppure afferenti a un’area che si colloca tra l’astrazione e le pratiche concettuali. Il nome del gruppo, prende spunto da una citazione di Wassily Kandinsky, tratta dal libro autobiografico Sguardi sul passato (1913), in cui l’artista russo rievoca la forte emozione suscitata in lui dalla molteplicità dei colori che la luce di un tramonto invernale genera, riflettendosi sulle fantasmagoriche architetture del Cremlino; una molteplicità però che, come in una grande orchestra composta di strumenti diversi, è in grado di accordarsi e generare una “sinfonia”. E proprio la convivenza di modalità espressive così diverse appare cifra dell’orizzonte artistico contemporaneo, non più dominato da un movimento o da una tendenza prevalente, come in passato, ma frammentato in tante individualità che procedono in modo autonomo. L’obiettivo del progetto è quello di realizzare e offrire molteplici punti di vista e prospettive generando armonia e dialogo fra le varie visioni attraverso una serie di mostre ed eventi che si svolgerà in alcune città italiane nel corso dell’anno.
La mostra
“Esperienza #02” si propone come una sorta di “sottofondo”, come un rispettoso accompagnamento a una voce narrante. Voce che in realtà è il silenzio. “Questa voce, – precisano gli artisti – potremmo definirla come una sorta di “Reale” che si sovrappone ai linguaggi, come l’impronta del momento storico in cui la mostra si colloca, esterna ad essa eppure incombente. L’isolamento e la pandemia ci hanno allontanati gli uni dagli altri e ci hanno insegnato la diffidenza. Una diffidenza che è diventata lentamente distanza da tutto ciò che prima era la nostra quotidianità. Una realtà forzata dentro la quale un organismo, piccolissimo e invisibile, ci ha condotto, modificando le dinamiche della nostra stessa attività di artisti, il nostro porci di fronte alla creatività. Nel sottofondo generale di questa sub-realtà (o neo-realtà), che ha cancellato ogni riferimento consueto, le abitudini, ogni naturale gestualità è intrisa di disinfettante e i volti sono coperti e cancellati da maschere. Si sta perdendo il colore, l’espressione naturale dell’essere (o dell’esserci stati)”. La mostra, come si deduce dal titolo è una sequenza di una precedente esposizione “Esperienza #01“, pianificata la scorsa primavera alla Rocca di Umbertide (PG) ma rimandata al prossimo autunno a causa della sospensione delle attività culturali per il peggioramento dell’epidemia. Si tratta di un percorso in cui i tratti peculiari di ciascun artista vengono sottolineati e amplificati, anche in voluto contrasto tra loro. Rispetto al primo progetto, che poteva essere letto come una ribellione, al primo lockdown, come una rivendicazione d’esistenza, ora, con il protrarsi della pandemia, nell’incertezza della realtà che si profila, e nella consapevolezza di essere dentro una svolta epocale, la riaffermazione della necessità dell’arte va fatta con voce sommessa.
“Eppure sotto questa coltre noi esistiamo. – scrivono ancora gli artisti. – Nonostante la porzione di futuro, per quanto distopico, la mostra non vuole “urlare”, non vuole rivendicare nulla, anzi. Vorrebbe essere uno scorrere leggero di visioni, emozioni e pensieri, come dire: “Noi siamo qui. Il nostro stato d’animo, sospeso e incerto, è come quello dello spettatore. Come una fotografia in scala di grigio o un quadro senza colore. Entreremo in scena con un mormorio, per non disturbare, un brusio di sottofondo dentro il quale l’unica nota che si distingue è la nostra dichiarata diversità: il nostro essere scivolamenti di tono”.
La mostra, con presentazione e testo critico di Chiara Tavella, proseguirà sino al 29 agosto; orari: sabato e domenica : 10-13 / 15-19.
E.F.