“L’Italia nella sua storia di suicidio industriale ha sbagliato il primo mezzo veramente globalizzato proprio perché si “vergognava” dell’aspetto troppo popolare dell’Ape” (Franco La Cecla).
Mobilità e cultura
Busto A. – Da sempre abbiamo coltivato il sogno di possederne una senza mai riuscire a realizzarlo. I movimenti e le frenate brusche della vita hanno sempre deciso altro per noi. Un libro che ne parla è decisamente cosa più fattibile, un libro divertente e interessante che è un viaggio a tre ruote intorno al mondo e che consigliamo a tutti gli appassionati di questo mezzo straordinario. Eccentrica e pop, a mezza strada tra un carretto, una moto e un’auto l’Ape racconta una storia di mobilità e cultura, di spostamenti e libertà. Tutta la sua dignità risiede proprio nelle tre ruote che la fanno sembrare uno strano insetto, magari non particolarmente veloce, ma agile, capace di trasportare carichi elevati alla stregua di un elefante.
Paese che vai, Ape che trovi
La si trova ad ogni latitudine forte di quella caratteristica che la fa unica nel suo genere, nel suo essere non solo un mezzo di trasporto bensì una vera e propria protesi di intenzioni di mobilità, uno strumento così intimamente interconnesso all’uso da essere manipolabile, trasformabile, adattabile ad ogni condizione e ad ogni esigenza. Straordinaria nel suo fragile rapporto tra fuori e dentro, un “dentro” che non è mai propriamente tale, offre esperienze impagabili in quei luoghi in cui, usata come taxi, mette chi viaggia a diretto contatto con ciò che lo circonda. Potrà capitarvi di salire su un Tuk –Tuk, nome che ricorre dal Guatemala all’Egitto, arredato come la tenda di un beduino, con frange, tappetini, soffitti con dipinti rustici e di trovarvi a due centimetri da elemosinari, vacche, fruttivendoli, elefanti, dromedari e sciami di ciclisti.
Ironica ed ecologica ha salvato i nostri centri storici
L’Ape ha salvato i centri storici italiani, prima della follia delle auto e dell’avvento dei Suv. Ha favorito l’approvvigionamento di merci e vettovagliamenti in quelle isole di storia e tradizione strette tra dedali e vicoli medievali pensati per carri e buoi. Bella, sembra ancora più bella e sfodera tutta la sua ironia nelle immagini di Melo Minnella che l’ha fotografata in ogni luogo del mondo in una teoria di scatti a colori e in bianco e nero che vanno dagli anni sessanta ai giorni nostri. Folklore ed intelligenza si mescolano in questo mezzo che senza ombra di dubbio a noi, come agli autori di questo libro che si legge in una sera, pare essere il vero mezzo del futuro, capace di affrontare con successo le più ardue sfide di mobilità, urbane e no.
Franco La Cecla (Palermo 1950), antropologo e urbanista, ha insegnato Antropologia culturale a Berkeley, Parigi, Venezia, Bologna e Milano.
Melo Minnella (Mussomeli, Caltanissetta, 1937), fotografo, inizia la sua carriera collaborando a “Il Mondo” di Pannunzio, per poi ampliare le sue collaborazioni alle maggiori riviste nazionali e internazionali.
M. Giovanna Massironi