Per raccontare la mia esperienza a Zanzibar mi sembra bello condividere con voi un racconto tratto dalla raccolta “Un Albergo a Mille Stelle” Aporema Edizioni. Si intitola “Notturno Numero Otto”. Qui trovate la prima parte e settimana prossima verrà pubblicata la seconda. Buona lettura e Buon Viaggio!
Sto facendo qualcosa che mi hanno consigliato di non fare: cammino da solo, di notte, lungo una riva isolata dell’Africa più remota. Un piede dopo l’altro nella sabbia secca inseguo pezzi di stelle, attratto da una marea che traluce ammiccamenti viola argentei. Sull’acqua, le ombre dei Dhow, le barche di legno, oscillano in ritmici riflessi, cadenzando il mio passo. Mi hanno detto che è pericoloso girare con il buio da queste parti, ma io vado avanti, mi sento avvolto da vibrazioni amiche. È come chiudere gli occhi per attivare gli altri sensi. In terra d’Africa non è mai tutto silenzioso: un fruscio di foglie, uno sguardo sinistro, forse felino, da dietro un baobab, l’eco di una danza in un villaggio remoto, percussioni incalzanti, da dietro, si fanno più vicine. Incrocio alcune sagome che sicure si muovono nell’oscurità. È incredibile la capacità della gente africana di camminare in assenza di luce. Percepisco in questo istante la mia voce notturna, quel suono fluttuante, generato da onde di corde vocali primordiali, che mi avvolge e mi guida tra le tenebre.
Incomincio a scolpire con un legno ritorto linee enormi sulla spiaggia. Sento di doverlo fare. Sono cerchi che sanno di vento e si avvolgono in una spirale che per me è già musica preziosa e spaziosa. L’impronta è il gesto che ha senso, per me, in questo momento. Tutto il mio camminare ha bisogno di lasciare una traccia: le mie opere devono essere segnali da seguire. Che siano un dipinto, una fotografia, uno scritto, una musica… qualunque forma deve contenere una sostanza. Non c’è altra via possibile alla bellezza. Perché un oggetto d’arte non può essere soltanto un complemento d’arredo, una linea, un colore, qualcosa che può o meno accordarsi con l’ambiente circostante, o che risulti più o meno attraente per nostri sensi. Deve incarnarsi in un significato, rarefatto, essenziale, oppure vibrante, abbondante, debordante, ma vivo.
Zanzibar, Tanzania, 28 dicembre 2015
Ivo Stelluti,
Il Viaggiator Curioso