Vercelli – A 120 anni dalla nascita di Francesco Messina (Linguaglossa, Catania 1900 – Milano 1995), scultore tra i maggiori dell’ultimo secolo, Comune e Arcidiocesi, in collaborazione con la Fondazione Messina e Nicola Loi Studio Copernico di Milano, hanno organizzato un’ampia retrospettiva. Tre le sedi (ARCA nell’ex chiesa di San Marco, Pinacoteca di Palazzo Arcivescovile, ex Chiesa di San Vittore), che ospitano ben 120 opere, alcune delle quali di dimensioni rilevanti raccolte sotto un unico titolo: “Francesco Messina. Prodigi di bellezza”.
Insieme a Giacomo Manzù, Arturo Martini e Marino Marini, Messina è considerato uno dei maggiori esponenti della scultura figurativa del Novecento.
Nato artisticamente nelle botteghe genovesi, inizia adesporre le proprie opere fin da giovanissimo nelle più prestigiose manifestazioni internazionali dove si fa notare per “un fare semplice e grandioso e per procedimento idealistico e classico, in grado di dar vita a forme che restano come immagini ideali” (Carlo Carrà, 1929).
La sua carriera attraversa tutto il ventesimo secolo ed è influenzata dai più grandi artisti e scrittori del Novecento.
Il percorso della mostra presenta i grandi marmi, i bronzi e i ritratti di amici e colleghi, tra i tanti, quelli di Lucio Fontana, Salvatore Quasimodo, Riccardo Bacchelli (con il monocolo), Alfonso Gatto, Arturo Tosi e Eugenio D’Ors. Tra le figure femminili, spiccano le danzatrici, il ritratto di Carla Fracci, Luciana Savignano e Aida Accolla. Tra i dipinti si possono ammirare, Lia Ranza, Isabella Ostini e Vittoria Leone. Ai cavalli è dedicata una sezione allestita all’ARCA a cui ricorre l’immagine del grande cavallo morente modellato nel 1966 per il Palazzo della Rai di Roma. Nella pinacoteca dell’ Arcivescovile e nell’ex chiesa di San Vittore sono invece esposte opere di carattere religioso, come uno dei bozzetti in bronzo della grande statua di Pio XII (San Pietro in Vaticano) e quello di San Filippo Neri, il Giobbe ignudo e inginocchiato del 1933, e l’Adamo ed Eva del 1956. Ed ancora il cardinale Schuster, la deposizione memore della Pietà Rondanini, le bellissime formelle (bozzetto) in bronzo dorato per la Santa Caterina collocate sugli spalti di Castel Sant’Angelo a Roma.
“Francesco Messina – scrive Sandro Parmiggiani, autore del saggio in catalogo – si colloca nella linea italiana della grande scultura del Novecento che, come precisa Antonio Paolucci, si dipana da Wildt, attraverso Arturo Martini, Marino Marini, Giacomo Manzù, Messina stesso, fino a Giuliano Vangi. Salvatore Quasimodo, amico di una vita, lo definì “spirito apollineo e meditativo”. Messina ha innestato tutta la sua opera sulla tradizione, da quella egizia, greco-romana e rinascimentale, arrivando all’Ottocento e ai suoi contemporanei. Nella sua opera si riscontra la fedeltà ad un rigore antico, ai suoi esiti più alti, e in questo sta anche la sua modernità. Questa fascinazione per le opere del passato può essere letta in filigrana in molte sculture della mostra e ci appare del tutto esemplare ciò che scrisse De Chirico nel 1938, nella presentazione dell’esposizione personale alla Galleria La Cometa di Roma.
Ancora una volta si conferma la maestria scultorea di Francesco Messina, presente alle Biennali di Venezia del 1922, 1928, 1930, 1932, 1942 (sala personale, vincitore del premio internazionale di scultura), e nel 1956 (sala personale). All’artista sono state dedicate importanti mostre personali (quella di esordio alla galleria Milano nel 1929, presentata da Carlo Carrà) e collettive in tutti i Continenti.
L’esposizione sarà visitabile sino al 27 febbraio. Orari di visita: Arca (piazzetta S. Marco): giovedì-domenica 10- 19; Palazzo Vescovile, (piazza Alessandro d’Angennes): giovedì-domenica 14.00 – 18; ex Chiesa di San Vittore (largo d’Azzo) visibile dall’esterno.