Varese – Nuove opere vanno ad arricchire il patrimonio dei Musei Civici grazie a recenti donazioni. Si tratta di un trittico, a tecnica mista, di Luca Lischetti ceduto da Marta, Anna Chiara, Giacomo, Maria e Veronica Campiotti. L’opera del 1973, di grandi dimensioni, era esposta nello studio legale dietro alla scrivania del padre Luigi. Rappresenta diverse figure umane barbute in un contesto di interni contrassegnato da toni bruni e cupi. Il titolo è “Comunque…” che i figli hanno soprannominato “I giudici”, titolo quanto mai calzante in quanto il giudice è figura iconica e ricorrente nella pittura di Lischetti. Il dipinto documenta un mondo complesso, fatto di figure grottesche che si muovono su un palcoscenico dalle prospettive multiple con una restituzione emozionale allo spettatore ambigua e a tratti inquietante. Luca Lischetti, lavenese, concentra il suo lavoro sulla figura umana, distorcendo la realtà con personaggi che sono figure grottesche e, al tempo stesso, ironiche. Altre opere dell’artista, Re buffone ed Elogio del rosso sono già presenti ai musei.
La donazione di opere di Vittorio Tavernari, da parte dei figli Carla e Giovanni, si compone di opere che vengono lasciate al Comune di Varese “al fine di arricchirne il patrimonio artistico ed elevarne il prestigio, in ricordo del padre e per destinarle alla pubblica fruizione”. Quattro sculture tra quelle donate (Dormiente, Toroso di Cristo, Torso femminile e Gioco di bimbi) erano già state concesse in comodato dagli eredi e da molti anni dialogano con gli affreschi della Musica al Castello di Masnago. Nuove invece sono quelle del ciclo “Quattro stagioni”, opere in legno intagliato e dipinto. Vittorio Tavernari (Milano 1919 -Varese 1987) fu scultore e pittore di fama internazionale. Il suo interesse è legato alla figura umana che riproduce con i materiali e le tecniche più disparate: dalla pittura al disegno, all’incisione, alla lavorazione di gesso, cera, legno e pietra. Protagonista del dibattito artistico lombardo, nel 1945 fu tra i fondatori della rivista d’arte «Numero» e l’anno successivo fu tra i firmatari del Manifesto del realismo, conosciuto come Oltre Guernica. Le sue sculture sono presenti in importanti musei in Italia (Milano, Bologna, Roma, Palermo, Matera, Città del Vaticano) e all’estero.
Molto importante infine la donazione dell’archivio di Amilcare Marcobi da parte dei figli Wanna e Gualtiero per il collegamento dei beni con il comodato della Fondazione Pellin. Amilcare Marcobi, detto Nino, fu confidente, amico e segretario di Renato Guttuso e raccolse alcune opere d’arte realizzate dal maestro, ma soprattutto un archivio di documenti e fotografie fondamentali per ricostruire l’ideazione e la realizzazione di alcuni capolavori come La Vucciria, Van Gogh porta l’orecchio tagliato al bordello di Arles o Spes contra Spem, opera nella quale Guttuso ritrasse lo stesso Marcobi, già raffigurato nei Giocatori di scopone del 1981.