Giulio Carlo Argan nel testo “Arte Moderna” definì Georges Braque “eterno artigiano”, a sottolineare il rigore con cui l’artista era in grado di governare la propria esperienza estetica che ne “Il giorno e la notte” (Biblioteca del Vascello, pp.63, Euro 5.50) dopo il ritorno dalla prima guerra mondiale e la ferita alla testa, traduce in 176 aforismi, a testimoniare la sua radicale rinuncia alla pittura tanto da affermare “Ho fatto una grandissima scoperta non credo più a niente. Gli oggetti non esistono più per me, a meno che non ci sia un rapporto d’armonia fra di loro e anche fra me e loro…è questa la vera poesia” , aprendosi di conseguenza ad amicizie con poeti come Apollinaire, Revery, Ponge, Renè Char e Jean Paulhan.
Se pur venati a tratti di umorismo, negli aforismi si coglie un’enfasi che conduce alle pieghe della sua pittura “Nell’arte il progresso non consiste nell’estendere i propri limiti ma nel conoscerli meglio”.
Non mancano i moti di spirito “La loro scusa? Vogliono avere ragione di coloro che hanno torto”.
Il pulsare della ragione lo porta ad affermare “ Mi preoccupo di essere all’unisono con la natura più che copiarla”.
Con sarcasmo misura i limiti politici e sociali “Le democrazie sostituiscono il lusso con il fasto”.
E anche “L’idealismo è una forma contenuta di speranza”. Dopodiché con sottigliezza psicologica afferma “ Pochi possono dire a se stessi: sono qui. I più si cercano nel passato si vedono nell’avvenire”.
E’ in questo susseguirsi di creatività della parola che Braque misura se stesso e il mondo che lo circonda donando una chiave di lettura tale da permettergli una libera percorrenza tra l’estetica della parola e la sagacia del pensiero.
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Georges Braque – “Il giorno e la notte” – Biblioteca del vascello, pp. 63, Euro 5.50
Mauro Bianchini