Bologna – Il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università cittadina ospita dal 2 al 9 febbraio nella sede di Palazzo Malvezzi, la mostra di Emilio Isgrò Cancellazione dei Codici – Civile e penale, a cura di R. Cristina Mazzantini (direttrice Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma), Lorenzo Balbi (direttore MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna) e Marco Bazzini (responsabile scientifico Archivio Emilio Isgrò).
Il progetto espositivo rientra nella dodicesima edizione di ART CITY Bologna, il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso dal Comune in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera.
Emilio Isgrò è considerato tra gli innovatori del linguaggio artistico del secondo dopoguerra, è il padre indiscusso della cancellatura, un atto che cominciò a sperimentare nei primi anni Sessanta e che ancora oggi mantiene la stessa vivacità e audacia creativa. Questa originale ricerca sul linguaggio lo ha reso una figura pressoché unica nel panorama dell’arte contemporanea internazionale, facendone uno dei suoi indiscussi protagonisti. È, infatti, il 1964 quando l’autore inizia a realizzare le prime opere intervenendo su testi, in particolare le pagine dei libri, coprendone manualmente una grande parte sotto rigorose griglie pittoriche. Le parole e le immagini sono cancellate singolarmente con un segno denso e dello scritto restano leggibili soltanto piccoli frammenti di frasi o un solo vocabolo.
Nel tempo questo gesto si applica alle carte geografiche, ai telex, al cinema, agli spartiti musicali, anticipa le espressioni più tipiche dell’arte concettuale, si declina in installazioni e, con il passaggio dal nero al bianco negli anni Ottanta, arriva a risultati pittorici che si sono rinnovati in questi ultimi anni quando con la cancellatura ha costruito immagini quasi fossero pittogrammi. Il cancellare è un gesto contraddittorio tra distruzione e ricostruzione.
Le parole, e successivamente le immagini, non sono oltraggiate dalla cancellatura ma attraverso questa restituiscono nuova linfa a un significante portatore di più significati: l’essenza primaria di ogni opera d’arte. La cancellatura è la lingua inconfondibile della ricerca artistica di Isgrò che oggi appare come una filosofia alternativa alla visione del mondo contemporaneo: spiega più cose di quanto non dica.
L’esposizione organizzata a Palazzo Malvezzi, presenta 29 testi giuridici, in particolare il Codice civile e il Codice penale, sui quali Isgrò è intervenuto con la sua cifra espressiva, ovvero cancellando parti del testo, col fine di proporre una diversa riflessione sul significato di convivenza comune. Superando con l’atto della cancellatura le caratteristiche della lingua asciutta e fortemente antipoetica propria delle raccolte di norme giuridiche, l’artista ha dato origine a lavori dal forte impatto formale, talvolta tendenti all’ironia, che graffiano per la loro incontestabile verità. Su un testo cancellato in nero e bianco, attraversato anche da qualche formica – altro topos di Isgrò subentrato in questi ultimi anni – le parole superstiti danno voce a nuove interpretazioni del testo come, per limitarsi ad alcuni esempi: “I condomini sono l’autorità giudiziaria” o “La falsa dichiarazione sulla propria identità, dichiara o attesta altre qualità”. I Codici sui quali Isgrò è intervenuto appartengono alla serie di volumi realizzata appositamente da Giuffrè Francis Lefebvre, i cui redattori, esperti di Diritto, hanno collaborato con l’artista prima del suo intervento.
Ad arricchire il percorso espositivo si affianca la cancellatura de Il discorso di Pericle agli ateniesi riportato nel libro II dell’opera di Tucidide La Guerra del Peloponneso. Tre sono i volumi in cui l’artista è intervenuto sul discorso del politico, oratore e militare greco che guidò Atene in uno dei suoi periodi di massimo splendore e ancora esercita il proprio fascino sulla cultura umanistica occidentale. Ciò che Pericle scrive sul senso della democrazia, sui valori umani e sul rispetto delle leggi, ha fatto di Atene un mito che mantiene le sue radici nella società di oggi.
“Ho cancellato il Codice civile e il Codice penale perché senza parola non c’è diritto – spiega Emilio Isgrò -, e senza diritto non c’è democrazia. Il primo impegno dell’arte è quello di discutere in un mondo che urla”.
“La cancellazione dei Codici – osserva R. Cristina Mazzantini – conferma l’intensa relazione tra la ricerca artistica di Isgrò e la sua militanza sociale. Avvertendo una crisi planetaria, Isgrò usa l’arte, responsabile nei confronti della storia, per difendere la democrazia. A partire dalle origini ateniesi, cancella la letteratura giuridica più attuale, mettendo in luce quelle parole che meglio garantiscono la libertà e l’emancipazione”.
“Molto spesso, anche in tempi recenti – sottolinea Lorenzo Balbi – si è parlato di cancellature e rimozioni a Bologna e in questo specifico contesto e tempo la mostra di Emilio Isgrò assume un significato ancora più radicale. La cancellatura è un atto distruttivo e allo stesso tempo costruttivo: distruttivo dell’opera, allo stesso modo in cui è la sua rimozione, ma al contempo generatore di dibattito e di significato. Come dichiara lo stesso Emilio Isgrò: «Si cancella per svelare, non per distruggere»”.
“Tra i diversi fili rossi che attraversano l’intero corpus cancellatorio di Isgrò – aggiunge Marco Bazzini – è possibile recuperarne uno che ha guardato con particolare attenzione alla letteratura giuridica. Le prime cancellature su questo argomento, infatti, sono datate alla fine degli anni Sessanta e nel tempo, a scansione temporale irregolare, si ripropongono fino ad arrivare a questi ultimi Codici che ne rappresentano, restando in tema, l’ultimo grado di giudizio”.
“La più antica Facoltà giuridica del mondo incontra Emilio Isgrò, pittore, poeta, giornalista, scrittore, regista e… giurista. Questo il possibile titolo di un evento straordinario – afferma Luigi Balestra, professore ordinario di Diritto civile nel Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Bologna – che celebra un incontro tra i luoghi in cui ha iniziato a germogliare il diritto in epoca moderna e un artista fattosi giurista attraverso la consapevolezza, derivante dallo studio cólto e raffinato dei testi giuridici, di una precipua esigenza: cogliere la vera essenza dei testi, espungendone tutti quei contenuti inidonei ad esprimerla ovvero dissentendo dai medesimi ogniqualvolta essi si pongano in conflitto con i valori fondamentali su cui si fonda la pacifica convivenza civile e le libertà democratiche”.
“Questa mostra rappresenta per noi un traguardo molto importante – evidenzia Giorgio Gaburro, founder di Galleria Gaburro – perché è il risultato di un dialogo nato tre anni fa con Emilio Isgrò, il cui lavoro è rappresentato dalla Galleria. Ogni nostro progetto nasce infatti dall’interscambio con gli artisti ed è concepito ad hoc per gli spazi espositivi a cui si rivolge per veicolare un messaggio coerente tra arte e ambiente”.
Daria de Pretis e Francesco Viganò, giuristi e giudici della Corte costituzionale, hanno interpretato i Codici di Isgrò in due lunghi, approfonditi e originali saggi pubblicati sul catalogo che accompagna l’esposizione edito da Allemandi Editore.
Il volume comprende inoltre la riproduzione delle opere esposte a Bologna, le vedute di allestimento della mostra Cancellazione dei Codici inaugurata nel maggio 2023 al Castel Capuano, sede della Scuola Superiore della Magistratura, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e un saggio di Luigi Balestra.
L’ inaugurazione della mostra è fissata per giovedì 1 febbraio alle 17 a Palazzo Magnani alle 18.15 a Palazzo Malvezzi. L’esposizione sarà poi visitabile sino al 9 febbraio. Orari al pubblico: 10 – 19.30.
Emilio Isgrò nasce nel 1937 a Barcellona Pozzo di Gotto, vive e lavora a Milano.
Dopo l’esordio letterario con la raccolta di versi Fiere del Sud (Schwarz, 1956), si dedica alla poesia visiva, nel doppio ruolo di teorizzatore e artista. Nel 1966 si tiene la sua prima personale presso la Galleria 1 + 1 di Padova, a cui seguono numerose mostre presso la Galleria Apollinaire, la Galleria Schwarz e la Galleria Blu a Milano, La Bertesca a Genova, la Galleria Lia Rumma a Napoli. Nel 1977 vince il primo premio alla Biennale di San Paolo. Nel 1985 realizza a Milano l’installazione multimediale La veglia di Bach, commissionata dal Teatro alla Scala per l’Anno Europeo della Musica, mentre nel 2010 con la mostra Var Ve Yok è presente alla Taksim Sanat Galerisi in occasione di Istanbul Capitale Europea della Cultura. Partecipa alle edizioni dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 1972, 1978, 1986 e del 1993, quest’ultima con una sala personale.
Di inconfondibile rilievo è anche la sua attività di scrittore e uomo di teatro, consolidatasi con L’Orestea di Gibellina (1983/84/85) e con alcuni romanzi e libri di poesia, tra cui L’avventurosa vita di Emilio Isgrò (Il Formichiere, 1975), Marta de Rogatiis Johnson (Feltrinelli, 1977), Polifemo (Mondadori, 1989), L’asta delle ceneri (Camunia,1994), Oratorio dei ladri (Mondadori, 1996) e, infine, Brindisi all’amico infame (Aragno, 2003).
In questi ultimi anni sue mostre personali sono state presentate al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (2008), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (2013) e, nel 2016, una grande antologica a cura di Marco Bazzini ha coinvolto Palazzo Reale, Gallerie d’Italia e Casa del Manzoni a Milano. Nel 2019 un’imponente mostra antologica a cura di Germano Celant è stata presentata alla Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Dal 2020 al 2023 Isgrò è stato protagonista a Brescia di un importante progetto promosso da Fondazione Brescia Musei, che ha visto la realizzazione delle opere Incancellabile Vittoria, installata nella fermata “Stazione FS” della metropolitana, l’esposizione Isgrò cancella Brixia, al Museo di Santa Giulia e a Brixia. Parco archeologico di Brescia romana, lo
spettacolo teatrale Didone Adonais Domine nel teatro romano e infine, il più grande mappamondo del Maestro, Mondo d’acciaio installato nel Parco delle Sculture del Viridarium di Santa Giulia nel dicembre 2023.
Tra i progetti pubblici più recenti si ricordano l’installazione monumentale La Farfalla dei Malavoglia, inaugurata nell’estate del 2022 a Taormina e acquisita dalla Fondazione Sicilia di Palermo, L’abiura di Galileo (2023) realizzata per la celebrazione degli ottocento anni
dell’Università di Padova e Non uccidere (2023), installazione monumentale commissionata dal MAXXI di Roma e realizzata con l’architetto Mario Botta per i 75 anni della Costituzione italiana.
Numerose opere sono presenti in rinomate istituzioni nazionali, tra cui Galleria degli Uffizi, Collezioni d’arte del Quirinale, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Università Bocconi, Museo del Novecento di Milano, Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, nonché collezioni internazionali quali Centre George Pompidou di Parigi, il Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique di Bruxelles, Israel Museum di Gerusalemme e Tel Aviv Museum of Art.