Un libro, bellissimo, di Edmund de Waal dal titolo Lettere a Camondo descrive il mondo di lusso raffinato che nei primi decenni dello scorso secolo vivevano a Parigi, in un imponente “hôtel particulier” al 65 di rue de Monceau, il conte-banchiere Moïse de Camondo e la sua famiglia destinata di lì a pochi anni a estinguersi in immani tragedie. Dei due discendenti infatti Nissim perirà in un incidente aereo durante la prima guerra e Béatrice ad Auschwitz con il marito Léon Reinach e i due figli.
Alla mostra Boldini De Nittis et les Italiens de Paris (fino al 7 aprile al Castello Visconteo Sforzesco di Novara) non è presente il ritratto di Béatrice colta da bambina insofferente della posa da Boldini, ma l’atmosfera raffinata e dorata del suo mondo la si può ben immaginare soffermandosi davanti a molte altre opere esposte dove anche stupisce il fascino, più o meno discreto, delle signore e signorine international-parigine degli anni della Belle Époque. Le dipinsero con disinvolta partecipazione gli Italiens, amici e colleghi degli impressionisti, e se si può discutere sul buon gusto di Berthe, una delle modelle-amanti di Boldini ripresa (n. 21) mentre esce per la passeggiata abbigliata come il fondale di una scenografia, le altre “dames”, non necessariamente principesse o contesse, mostrano tutte un impeccabile stile e una sciccosa eleganza.
A cogliere questo svagato ambiente non fu solo il richiestissimo Boldini ma anche altri Italiens di stanza parigina, ciascuno con la propria sensibilità e formazione, a cominciare dal napoletano Edoardo Tofano, artista molto apprezzato da Goupil e dalla borghesia della Ville Lumière dove visse non per poco tempo. La sua tavoletta con una Jeune fille (Ill.Edoardo Tofano, Jeune fille, collezione privata) appare tutta permeata di soffice pittura mirabile nel trattamento delle stoffe impalpabili, e illumina sull’ambiente di buona borghesia frequentato dalla giovane, un buon partito, da accasare convenientemente.
Altro artista a riscuotere convinti successi nella capitale francese come nella natia Toscana per i seducenti ritratti fu Vittorio Matteo Corcos, bravo a cogliere con effetti quasi da fotografia bellezze e civetterie muliebri, indugiando con fluida pennellata sulla definizione dei lineamenti e sui particolari degli abiti di gusto nuovo indossati da giovinette in pavoneggiante passeggio al Bois de Boulogne.
Gli Italiens protagonisti della mostra – Boldini, De Nittis e anche Zandomeneghi che non appare però nel titolo – non mancarono certo, anzi!, l’occasione e ripresero queste “dames” sempre in naturalezza di posa e in atteggiamenti moderni. Se il veneto Zandomeneghi pensava a questo mondo proprio come Degas e Renoir ma evocandolo in soffici tonalità pastello e, in talune occasioni, in andamenti non dimentichi del sensuale naturalismo veneto, Giuseppe De Nittis prediligeva invece una rappresentazione mossa e disinvolta, sempre in luce morbida, dell’universo femminile fermato nell’assiduo passeggio (ill. Giuseppe De Nittis, Passeggiata con i cagnolini, courtesy Galleria Maspes, Milano) e finanche nell’ondante scivolare con i pattini su un laghetto ghiacciato.
Ultimo, ma amatissimo allora come oggi, Giovanni Boldini. E allora non basta il catalogo di Leporello per elencare i ritratti dei mondani personaggi da lui effigiati sovvertendo le forme pittoriche con un “lampo di vita fuggevole da acchiapparsi al volo…con un frego, in uno svolazzo, in un fiocco” per dirla con Ardengo Soffici. Vi sarebbe da scrivere a lungo dei grandi pastelli raffiguranti le “femmes en fleur” Concha y Subercaseaux (nn. 78, 79) in “vesti di crema e di neve” (è Colette a scriverlo) o del gran quadro con Alice Regnault a cavallo in perfetto abito da amazzone (n. 31), ma resta ormai poco spazio e un cenno appena per due quadri che, vedendoli, mi hanno riportato a un tempo lontano, quando davanti ad essi avevo occasione di sostare a lungo. Uno, visto e rivisto nelle dimore prima dell’architetto Paolo Candiani e poi di un altro collezionista, entrambi di Busto Arsizio, presenta La contessa de Rasty seduta sul divano in posa civettuola (ill. Giovanni Boldini, La contessa di Rasty seduta sul divano, courtesy Enrico Gallerie d’Arte, Milano), un ritratto che mi ha sempre emozionato per il sottile fascino psicologico emanato dallo sguardo voluttuoso di Gabrielle e dall’eleganza dei gesti (per non parlare dei cangiantismi degli abiti e degli accessori di massima raffinatezza).
L’altro mostra una Signora adagiata su bergère (ill. Signora adagiata su bergère, courtesy Enrico Gallerie d’Arte, Milano) che per tanto tempo mi ha sorvegliato dentro una preziosa cornice dorata mentre ero intento al mio silenzioso lavoro. Questo finchè, in un giorno di grandi pulizie, il dipinto non venne messo a terra e allora apparve, debitamente rivoltata, l’altra metà della pittura di Boldini. Non fu semplice convincere l’allora proprietario a riportarla alle dimensioni originarie, ma alla fine, con l’intervento della restauratrice Anna Cristina Roversi, l’intervento si fece. Purtroppo, causa la dimensione raddoppiata, la tela fu sistemata altrove e così persi il muto dialogo con l’ignota nobildonna. Sulla parete opposta della stanza tuttavia di Boldini ce n’erano altri tre e qualche volta Marie-Luise Herrouet, soggetto di uno dei quadri, mi degnava di uno sguardo dalla sua sedia a dondolo: uno sguardo non amabile e garbato come quello della misteriosa signora, ma un po’ malandrino e felino, da “demi-mondaine” quale appunto Marie-Luise era.
Giuseppe Pacciarotti