Bard – Un mondo di cavalli e cavalieri, di guerrieri e antiche divinità, di giocolieri e danzatrici. C’è tutta la complessità e la varietà del genio artistico di Marino Marini – tra i più importanti artisti italiani del Novecento – al centro della mostra Arcane fantasie promossa dal Forte di Bard in collaborazione con 24 Ore Cultura e Museo Marino Marini di Firenze, a cui si deve la gran parte dei prestiti.
L’esposizione, curata da Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze e allestita nelle sale delle Cannoniere del Forte, dal 15 giugno al 3 novembre, punta l’attenzione sulle principali fonti di ispirazione di Marini e sui temi ricorrenti della sua ricerca, presentando ben 23 sculture e 39 opere su tela e carta. Un percorso del tutto personale per sviluppo e coerenza, tra ritorno dell’arcaico e supremazia del sogno e della fantasia. Marino Marini è stato sempre attratto dal linguaggio figurativo, anche quando ha condotto a drammatiche scomposizioni la forma plastica. Un linguaggio di grande potenza e coerenza che trova la sua massima espressione nei cavalli e nei cavalieri, i soggetti più conosciuti della sua produzione, trasformati in un tramite per leggere la realtà e raccontare la condizione umana. Figure che nel tempo si fanno sempre meno definite e sempre più espressive, fino ad assumere i connotati di metafore scultoree.
Nelle diverse sezioni della mostra si alternano sculture, dipinti, grafiche, i suoi celebri cavalli e cavalieri, le Pomone, le danzatrici e i giocolieri nati dalla sua fantasia, a partire dalla Piccola danzatrice, olio su tavola del 1927, fino al Guerriero realizzato nel 1958-59. Soggetti che, dall’inizio alla fine di una carriera segnata da una vasta produzione, assicurano la presenza e sopravvivenza di qualcosa di antico e ancestrale, segnato dal legame immortale tra uomo e natura, pulsioni di vita e di morte, di dolore e angoscia, così come di esuberanza, dinamismo e indomabile energia. Tra i capolavori in mostra, si segnala infine il prestigioso prestito dell’opera Gentiluomo a cavallo del 1937, concessa dalla Camera dei Deputati.
Protagonista a suo modo delle avanguardie, Marino Marini seppe intuire che la scoperta del primordiale, del primitivo e dell’arcaico, era la via necessaria per superare la crisi dei valori formali e spirituali della sua epoca. Gli apparvero ricolmi di vitalità e di mistero gli Etruschi e le perturbanti figure del circo e le Pomone, in cui l’artista riscopriva la vitalità generativa del mondo femminile e della natura. Proprio nel mondo degli Etruschi, poi in quello del circo e del teatro di danza e quello delle arcaiche figure femminili, Marini trovò qualcosa di congeniale e familiare: la possibilità di recuperare un tempo perduto e in esso una sacralità dell’arte, con la sua magia e i suoi misteriosi rapporti tra conscio e inconscio.
La mostra, visitabile sino al 3 novembre, sarà aperta al pubblico martedì-venerdì 10 / 18; sabato, domenica e festivi 10 / 19.
Cenni biografici
Marino Marini nasce a Pistoia il 27 febbraio 1901. Nel 1917 si iscrive all’Accademia di Belle Arti a Firenze dove segue i corsi di pittura di Galileo Chini e di scultura di Domenico Trentacoste. I primi anni della sua attività sono dedicati alla pittura, al disegno e alla grafica. Nel 1926 risiede a Firenze; l’anno successivo conosce a Monza Arturo Martini che, due anni dopo, lo chiamerà a succedergli all’insegnamento all’I.S.I.A., alla Villa Reale di Monza. Nel 1928 partecipa alla mostra a Milano del gruppo “Novecento”. Nel 1929 soggiorna a Parigi, dove ha occasione di entrare in contatto con De Pisis, Picasso, Maillol, Lipchitz, Braque, Laurents. Su diretto consiglio di Mario Tozzi, invia la scultura in terracotta “Popolo” all’Esposition d’art italien moderne alla galleria Bonaparte di Parigi. Continua ad esporre con il gruppo Novecento a Milano (1929), Nizza (1929), Helsinki (1930) e Stoccolma (1931).
La sua prima personale, a Milano, è del 1932; nel 1935 vince il primo premio per la scultura alla Quadriennale di Roma. Sono questi gli anni in cui Marini circoscrive la sua ricerca artistica a due tematiche essenziali: il cavaliere e la pomona.
Nel 1938 sposa Mercedes Pedrazzini, affettuosamente rinominata Marina, che gli sarà accanto per tutta la vita. Nel 1940 lascia l’insegnamento a Monza per la cattedra di scultura all’Accademia di Brera, che tiene fino al 1943, quando, per lo scoppio della guerra, si rifugia in Svizzera. In questi anni ha l’occasione di frequentare Wotruba, Germaine Richier, Giacometti, Haller, Banninger e di entrare in contatto con le realtà artistiche più avanzate in Europa. Espone a Basilea, Berna, Zurigo. Terminata la guerra Marino torna a Milano, riaprendo lo studio e riprendendo l’insegnamento a Brera.
Nel 1948 la Biennale di Venezia gli dedica una sala personale; incontra Henry Moore, con il quale stringe un’amicizia particolarmente importante per la sua produzione artistica, e Curt Valentin, mercante che lo fa conoscere sul mercato europeo e statunitense. Durante il soggiorno americano Marino conosce Arp, Feininger, Calder, Dalì, Tanguy. Si intensificano le esposizioni e i riconoscimenti ufficiali in ambito internazionale a partire dalla personale a New York nel 1950, al monumento equestre commissionato dalla municipalità dell’Aia nel 1958-59, alle mostre di Zurigo (1962), Roma (1966) e l’esposizione itinerante in Giappone (1978).
A partire dagli anni Settanta prendono forma realtà museali a lui dedicate. Nel 1973 a Milano si inaugura il Museo Marino Marini nella Civica Galleria d’Arte Moderna. Nel 1976 la Nuova Pinacoteca di Monaco di Baviera gli dedica una sala permanente. Nel 1979 si inaugura a Pistoia il centro di documentazione dell’opera di Marino Marini, che dal 1989 viene collocato nel restaurato Convento del Tau. Marini muore a Viareggio nel 1980. Pochi anni più tardi, nel 1988, si inaugura il Museo Marino Marini di Firenze, a seguito di una donazione di opere al capoluogo toscano, città fortemente amata dall’artista.