Joseph Smith ci trasporta in un luogo sconosciuto: la foresta e la cruda verità di cosa possono diventare gli istinti animali antropizzati. Un luogo che potrebbe essere ovunque, la voce narrante appartiene a un giovane Lupo che scorrazza per gli alti pascoli di una ignota catena montuosa di un qualsiasi inverno della nostra epoca.

Gli orizzonti, se vi farete guidare dalla voce narrante, diventeranno differenti da quelli vissuti perché osservati da un’altezza fisica che non vi appartiene, quella del Lupo. Sfumature sconosciute nella notte, percezioni diverse perché il Lupo di Joseph Smith ci narra dei suoi timori in prima persona, cosa che in Zanna Bianca Jack London ha scelto di non fare.

La fame, l’orgoglio, l’astuzia come la sofferenza si miscelano per dare non solo il corpo ma soprattutto il carattere del giovane animale solitario. I Lupi sono animali da branco, cacciano e si difendono assieme, poi per qualche ragione capita che giovani Lupi, coscienti di non avere un futuro particolare se non quello di gregari, si allontanano e vivono in solitudine, così come ha scelto il nostro protagonista.

È inverno, la fame è una compagna sinuosa che si muove lenta e inesorabile nelle viscere del Lupo offuscandogli la percezione del pericolo. Negli spazi tra un fiocco di neve e un altro finalmente un odore, una capra, forse una vecchia pecora. L’animale deve essersi perso nella tormenta, il suo odore naviga catturando il bisogno di sopravvivenza, il Lupo sa che deve arrivare per primo se vuole sfamarsi.

Eccola, gli occhi della preda non si abbassano di fronte al predatore, nessuno dei due si muove perché entrambi sono coscienti del proprio ruolo. Ma l’arrivo dei pastori, il Lupo incontra gli uomini per la prima volta, spezza il momento creandone un altro.

Fucili, sfere incandescenti lo inseguono dritte e rapide pretendendo sangue. Joseph Smith colora gli istinti degli animali, li rende umani nelle percezioni mantenendoli nello stesso tempo unici.

Fuggendo incontra e cattura una giovane Volpe che gli presta qualcosa che non conosceva: l’inganno. Perché ucciderla quando potrebbe godere di una preda più ambita? Un grande Cigno con un’ala spezzata.

L’autore riesce a farvi sentire Lupo, Volpe e Cigno. Tre creature scelte non certo a caso nella simbologia umana. Spero che non criticherete oltre modo la Volpe, nella nostra cultura è sinonimo di scaltrezza e portata all’inganno, in natura è un bellissimo predatore.

Non perdetevi nella foresta.

Il Lupo di Joseph Smith, ed. Bompiani (p.125) costo, 15 euro.

Castrenze Calandra