Quasi una ricorrenza – Una nuova mostra per il decano della pittura varesina. Aldo Alberti, prossimo ai novantacinque, li compirà alla fine di novembre, ritorna con una nuova personale all'interno del Battistero della Chiesa Parrocchiale di Sant'Edoardo.
Il confronto necessario – Una mostra a tema, naturalmente a carattere religioso. Un tema nei confronti del quale il grande vecchio, a dispetto della sua sanguigna terrestrità e carnalità con cui da sempre ha costruito la sua pittura, ha avuto il rispetto che si deve ad un tema ineludibile, etico ancor prima che iconografico, un redde rationem della coscienza, più che un misurarsi con un far grande sul genere pittorico della tradizione.
La frequenza del sacro – Ne fanno fede le cruciali Crocefissioni dove l'Alberti è poeta di immediatezza espressiva, a tratti di scabrosa urgenza; ne fanno fede altri passaggi, anche negli anni lontani, a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, quando sull'onda della Nuova Figurazione, il pittore di Busto si esponeva a trattare soggetti tipici della letteratura evangelica, l'adultera, la deposizione ed altri episodi della vita di Cristo, con un linguaggio volutamente quasi paratattico, antico e pieno di un dolente rispetto per la vita e la storia dell'arte.
Concentricità – Saranno proprio l'Adultera e la Deposizione, tra gli altri, ad essere riproposti in mostra, unitamente ad una decina di olii importanti di collezionisti privati bustocchi e ad una quindicina di foglia, a pastello ed acquerello, pratica altrettanto utilizzata dall'artista in vista dell'opera definitiva. Il tutto ruoterà intorno ad un Cristo, donato a Pasqua dallo stesso Alberti alla Parrocchia di Sant'Edoardo. Un'opera monumentale del 1993 – cm 220 per 160 – Così da creare una sorta di percorso concentrico tra passato e futuro, attraverso i decenni, nei luoghi del sacro visitati da Aldo.
Tensione esistenziale – Da allora e fino alle sue ultime opere che serbano ancora una innata impostazione monumentale anche quando sposta la sua attenzione dal sacro allo studio di interni, dal chiuso dell'atelier e dalla sua modella, alla vastità del paesaggio, rimane la sua cifra, quella della "memoria della solitudine e di una tensione esistenziale intimamente sofferta", come ebbe a scrivere di lui, alcuni anni fa, Silvana Aldeni. La sofferenza di un artista che ha conosciuto il lato poetico, il lato ludico, ma anche quello osceno della vita, quello della guerra e della povertà, e di quello ne ha serbato a lungo il ricordo. Trasferendoli con sovrana naturalezza nell'iconografia cristologia.