L'anatomista – Ci siamo tutti un po' dimenticati di lui. Colpevolmente. Ci siamo scordati di Albino Ambrosetti, uno dei più onesti e lucidi pittori della provincia di Varese fin quando le sue condizioni di salute gli hanno permesso di realizzare, uno dopo l'altro, cicli di opere di immediata potenza espressiva unita ad un certosino lavorio sul dettaglio, sul particolare; quasi un'anatomista della natura. Eppure Ambrosetti c'è ancora, pur lavorando poco e a meno impegnative improvvisazioni, nella sua grande casa di Malnate, il segno indelebile di un rapporto di affetto e professionale con uno dei più ricercati acquerellisti del dopoguerra, Silvio Bonelli.
Con Silvio, en plein air – Albino Ambrosetti ha condiviso la sua vita affettiva con la moglie e cinque figlie, cresciute facendo l'operaio e poi il pittore una volta andato in pensione, con la vendita dei propri quadri. La sua vita professionale è stata toccata dalla fortuna dall'incontro con Bonelli, elegante perfezionista delle tecniche ad acqua; fu lui ad intuire doti nel giovane malnatese, già appassionato di disegno, ma totalmente a digiuno di maestri. Fu Bonelli ad indicargli la via. In quotidiane spedizioni en plein air, nei dintorni di Malnate quando quelle zone erano ancora boschive; insediamenti industriali, certo, ma senza l'urbanizzazione feroce degli ultimi anni.
Fino in cima – I due andavano perlustrando: il più anziano Silvio con i suoi colori ad acqua, Albino, classe 1922, di quattordici anni più giovane, con quelli ad olio, come già un segno distintivo dal maestro. Ma per il resto e per lunghi tratti, le stesse sedute, gli stessi scorci, gli stessi angoli di natura dal vero che ancora oggi campeggiano eleganti, precisi, fieri sulle pareti di casa Ambrosetti, gli unici rimasti, quelli che da cui la moglie Rina non si vuol separare. Il rapporto con Bonelli voleva anche dire montagna, escursioni e ascese, e ci piace immaginare che quell'amicizia nata al cavalletto si sia fortificata anche nella dimensione virile dell'alpinismo.
Meriggiare pallido e assorto – Autodidatta, ma appassionato d'arte, Ambrosetti si è dotato negli anni di una solida biblioteca specializzata e di una cultura visiva che ha nei pittori dell'impressione e nei fauvisti, le sue predilezioni. Ma ha guardato ad altro: a Sutherland, ad esempio, come già rilevò in letture critiche ormai 'antiche', Luigi Zanzi; "l'acquisizione di una più sottile intelligenza di una vita diversa (…) senza indulgere al 'meraviglioso', senza sognare; ad occhi aperti; seguendo non già l'estro dell'immaginazione, ma il ben più arduo fiuto delle forme concrete"; a cui faceva eco, qualche anno dopo, Giorgio Seveso che a proposito delle sue indagini minute sugli elementi naturali scriveva di una "lenta trasfigurazione, una sottile affabulazione pensosa, un 'meriggiare pallido e assorto' che Ambrosetti ha posto a cardine di tutto il suo lavoro poiché a ciò (a questa qualità meditativa e introspettiva) lo sospinge il suo particolare temperamento".
Quelle ferite nelle radici – Sono gli anni in cui il pittore matura gli esiti più alti: lo sguardo ravvicinato, come una zoomata, sul particolare dei sassi, dei tronchi, delle radici, delle foglie, diventate veri e propri trionfi pittorici, di mestiere e di comunione spirituale, nell'arco della sua carriera. Da sempre, si è detto, affascinato dal paesaggio qui è come se vi entrasse, si focalizzasse di più e meglio sul singolo particolare; realistico, studiato sul campo, ma, specie nella serie delle radici, non esenti da libertà espressive, da graffianti cromatismi di immaginazione che esplodono nei rossi o negli aranciati, "come ferite sanguinanti, nella natura e nell'anima", dice oggi Albino riguardandoli.
L'affetto per i colleghi – Confessa di non più tempo per visitare mostre e seguire lo stato dell'arte. Ma fino a pochi anni fa era ancora tra i protagonisti dell'Associazione dei Liberi Artisti della Provincia di Varese di cui fu a metà degli anni Settanta tra i fondatori. Dei colleghi ha parole di apprezzamento; per Alberto Magnani, per Aldo Ambrosini, per Giorgio Vicentini, per il concittadino Paolo Borghi di cui in casa possiede alcuni pezzi, per Morandini "difficile ma molto bravo". Un uomo in pace, senza recriminazioni, senza sofismi.
Umiltà e stupore – Pittore lombardo, da ascrivere sicuramente a una linea genealogica di artisti che hanno guardato al proprio mondo circostante con umiltà, stupore, senza cercare diversivi, quanto piuttosto caricando di un di più emotivo la banalità del soggetto. Nel vasto studio impolverato, fermo a qualche anno fa, nella sua splendida casa che domina Malnate e guarda dritto in faccia il Rosa e di lato il Sacro Monte, il mondo di Ambrosetti è ancora intatto: denso di un lavoro di una vita, di fedeltà non contrattabile alle proprie inclinazioni. Materiale, tanto, di qualità, roba da farci finalmente una mostra per ricordarlo davvero. Sarebbe un modo per festeggiare i suoi 85 anni. Li ha compiuti di recente, e anche la nostra visita è in ritardo su quella data. E di questo un po' ci scusiamo.