Quelli che i capannoni abbandonati – Se ne sente parlare solo in due occasioni: o perchè fanno da seducente e immaginifico set per suggestive gallerie fotografiche, o perchè diventano ricovero di clandestini, delinquenti e rave party. Sono gli edifici degradati e degradanti dei capannoni industriali, le "fabbriche della malavita", come qualcuno le ha definite, o semplicemente il regno dell'abbandono e dell'incuria. Ex fonderie o concerie costituiscono veri nervi scoperti nel cuore del paesaggio urbano: capannoni come rifugi di fortuna, edifici incustoditi che di notte si animano della presenza di uomini senza identità; la "mappa" del degrado sembra non avere confini. Basta fare un giro per la Valle Olona per scoprire diversi di questi "scheletri" che fino a qualche decennio fa impiegavano migliaia di persone. Oggi è evidente l'impegnativo costo di recupero (o di riconversione) che queste strutture richiederebbero e una delle proposte avanzate è quella di seguire il "principio di flessibilità" che possa favorire l'insediamento di attività economiche diversificate.
Dall'analisi – E se nel Bresciano il fenomeno delle aree dismesse é legato soprattutto alla crisi della siderurgia e dei cementifici, a Varese, terra di antica
industralizzazione, le aree dismesse sono un problema da anni, analizzato e affrontato, in tempi a noi vicini, da Amministrazione Provinciale, Associazioni di categoria e Camera di commercio per un "patto territoriale" che dia risposta all'allarme dismissioni. Ad essere abbandonate, nel Varesotto, sono in prevalenza industrie tessili, meccaniche e della ceramica, che hanno chiuso i cancelli negli anni ' 60 e ' 70, alcune addirittura nel dopoguerra. Per arginare il fenomeno delle aree dismesse qualcosa é stato fatto: la legge regionale numero 30 del '94 finanzia il recupero di fabbriche e capannoni abbandonati e a beneficiarne sono state alcune aree industriali di grandi dimensioni.
Alla progettazione – Ma c'è un ma. Quello che oggi sembra irrinunciabile e più urgente di tutto, al di là dei cosiddetti piani di intervento che puntano a fare delle aree abbandonate "cittadelle dell'artigianato" o "della cultura" o poli scolastici, è un serio piano di studio, di mappatura o, se preferite, di catalogazione. In una parola di conoscenza. Questo è ciò che già si può consultare sul Museoweb dell'economia varesina (www.museoweb.it): un archivio virtuale che intende evidenziare il radicamento che le imprese hanno sviluppato nel tempo sul territorio prealpino. Il progetto, nato per volontà della Camera di Commercio di Varese, ha l'obiettivo di evidenziare la centralità delle piccole e medie imprese all'interno del sistema locale.
La mappa in un click – Puntare su questo immenso patrimonio sociale, archivistico e storico (soprattutto nelle sue molteplici manifestazioni di architettura industriale), rappresenta la volontà di estendere la conoscenza del patrimonio storico di queste imprese attraverso la multimedialità. Il Museoweb dell'economia nasce come sviluppo del Censimento degli archivi delle imprese della Provincia, voluto e sostenuto anche da Regione Lombardia. Vi hanno aderito 60 imprese nate prima del 1950 e in possesso di un archivio storico a testimonianza della longevità e della permanenza sul territorio. La banca dati è quindi un primo strumento per realizzare un ampio e completo monitoraggio del patrimonio archeologico industriale della Regione. Né si deve dimenticare che le informazioni generate dal
Museoweb non sono a senso unico: il pubblico può interagire con le realtà interessate e con i curatori scientifici del sito inviando documenti e contributi.
La conoscenza delle storiche realtà industriali, individuate attraverso una mappa del territorio (una sorta di "Carta del rischio" del patrimonio d'archeologia industriale), pare essere l'unico strumento di avvicinamento a quello scenario che Aldo Bonomi e Alberto Abbruzzese, per la XX Esposizione Internazionale della Triennale avevano ribattezzato la "città infinita", analizzandone il "frammento" che va da Varese a Bergamo con Milano come punta di un triangolo direzionato verso Novara e Biella da un lato, Piacenza, Lodi e Brescia dall'altro. Un continuum in espansione sul filo intrecciato di capannoni abbandonati, strade e anelli di scorrimento, una galassia in perpetuo e lento movimento, che macina villette, condomini intensivi e megastore. Chissà perchè urbano e sostenibile oggi suonano in contrapposizione. Ma forse non è così: è proprio dalle città, luogo dell'artificiale, che possono giungere risposte e soluzioni concrete, interpellando i saperi, della scienza e della cultura, perché nessuno è autosufficiente.