Crisi di identità – Non solo San Fermo vive periodicamente polemiche sul suo stato di salute. Anche Arcumeggia, la madre di tutti i paesi dipinti del varesotto, ha le sue cicliche crisi di identità sulla reale natura del suo patrimonio. Affreschi fatti come regola prescrive o solo pitture murali fatte passare per affreschi? Non è tanto, o non solo, una questione preoccupazioni conservative che periodicamente riemergono. Ma anche, sembra, una questione di principio, di identità, di perfetta corrispondenza all'idea che si ha del borgo. E anche, come sempre, di contabilità.
L'allusione – La polemica è tornata a farsi sentire recentemente. Una intervista rilasciata al collega Alessio Magnani di La6 Tv dalla restauratrice Alessandra Caccia ha riaperto la questione. Interpellata sul suo recente intervento al capezzale della pittura murale di Innocente Salvini a Gemonio, l'esperta ne ha rilevato la fattura non precisamente sovrapponibile alle regole da manuale dell'affresco come storicamente inteso: "Come, peraltro, molti lavori murali presenti ad Arcumeggia", ha chiosato, soffermandosi quindi sulle preoccupazioni di mantenimento delle opere già restaurate; un invito al monitoraggio costante, il suo, che non sarebbe stato seguito nei fatti, anche, va detto, per alcuni pareri ostativi della Soprintendenza.
La conferma dell'Opificio – Qualcuno non l'ha presa bene. Suona male la ciclica sottolineatura che Arcumeggia debba la sua fama recuperata in questi ultimi anni, dopo un certo abbandono, al nome degli artisti che vi operararono e hanno continuato ad operarvi lasciando tracce del proprio lavoro, più che alla filologia operativa dello stesso. Ma suona male che arrivino larvate accuse di disinteresse. Sulla natura delle opere fa fede l'opinione definitiva espressa dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, convocato nel 2007 per una generale diagnostica dello stato dei dipinti.
La verifica sul campo – Fabrizio Bandini e Paola Ilaria Mariotti, due dei docenti venuti nel luglio scorso in sopralluogo l'hanno già sostenuto: "Tutte le pitture murali, sia le opere dei maestri che quelle lasciate dagli allievi state realizzate con la tecnica dell'affresco, tipica ed idonea alla collocazione in esterno. Ma solo due secondo le regole auree. Quello di Sassu e quello di Carpi". La maggior parte, sostenevano ancora i tecnici dell'Opificio, sono frutto di sperimentazioni, contaminazioni di tecniche e materiali, che ne hanno snaturano anche solo in minima parte la definizione esatta di affresco. Il succo del discorso è lo stesso risollevato da Alessandra Caccia. L'annotazione non inficia il valore e la bellezza in sé di Arcumeggia e la sua preziosità da vivere. Ma, come già per l'annosa questione legata al Guttuso del Sacro Monte, solo una doverosa verifica sul campo.
La posizione del sindaco – "Non entro nel merito tecnico della discussione – è la replica del sindaco di Casalzuigno, Angela Viola – questo è compito degli esperti. E mi pare che gli esperti convocati da Provincia di Varese, i tecnici dell'Opificio delle Pietre Dure si siano già espressi. Il loro report dopo un attento e meticoloso sopralluogo ad Arcumeggia è stato chiaro. Abbiamo comunque un patrimonio comune e di pregio. Se si vuole risollevare il problema della natura delle pitture per sminuirne l'importanza e mandare a monte il lavoro sin qui svolto, non sono d'accordo. Se, invece, il problema è determinare in maniere precisa, metodologie e strategie di intervento, allora sono pienamente concorde".
La disponibilità di Villa Recalcati – In gioco c'è un sostanzioso fondo, si parla di circa 300 mila euro, conservato nella disponibilità di Villa Recalcati e destinato proprio a mettere in atto le indicazioni 'terapeutiche" che gli esperti di Firenze dovranno indicare per risanare definitivamente le pitture murali: da quelle più ammalorate a quelle che meglio si sono conservati nel tempo. Fare della ortodossia della tecnica una discriminante è un problema, a quanto pare, già superato. "E' impensabile, e siamo tutti d'accordo, che si possa lasciare andare e non prenderci cura di un'opera solo per il fatto che non sia un affresco vero e proprio", chiosa il sindaco. L'Opificio, implicitamente, ha già risposto. Restando ad Arcumeggia un mese intero. Solo questo dettaglio fa capire quanto ne valga la pena. Quei soldi ci sono, e non saranno destinati ad altro. E quale che sia la cura, dovranno essere spesi.