A Villa Pomini una mostra dedicata ai fotografi italiani emergenti, a Gallarate il Premio Arti Visive della città interamente votato alla fotografia: sembra davvero che l'arte dello scatto stia lentamente prendendosi lo spazio che merita. Per fare il punto della situazione intervistiamo il fondatore dell'Archivio Fotografico Italiano, Claudio Argentiero.
Claudio, iniziamo da voi: cosa avete in serbo per i prossimi mesi?
"A maggio ci sarà la 7° Festa della Fotografia d'Autore in cui verrà presentato anche il secondo numero della nostra rivista "la Clessidra", poi quest'estate non mancherà la nostra tappa ad Arles. A settembre tornano le iniziative legate alle Giornate Europee del Patrimonio e a ottobre l'Autore dell'anno. Continueranno i corsi, i workshop, le collaborazioni in Piemonte, ma anche in Francia. Vorremmo concludere l'anno con un progetto dedicato ai comuni della provincia di Varese."
Di cosa si tratta?
"E' un progetto ambizioso che vorremmo portare avanti negli anni per documentare la realtà di circa una ventina di comuni della provincia. Il tutto per creare un imponente archivio fotografico del territorio che, purtroppo, ancora manca e che riteniamo essere fondamentale. Da questo progetto vorremmo trarre anche una mostra, una pubblicazione e una conferenza per riflettere sulla tutela del paesaggio."
Un progetto simile non era stato pensato anche per l'Archivio Paracchi di Busto Arsizio?
"Sì, diciamo che sono in corso dei contatti con il Comune per realizzare questo obiettivo a cui teniamo particolarmente. Si tratterebbe di catalogare tutte le lastre fotografiche attualmente in deposito al Museo del Tessile per renderle finalmente fruibili al pubblico. E' un patrimonio prezioso che non possiamo permetterci vada perduto, ma che deve essere maneggiato da mani esperte. Bisogna possedere competenze specifiche per catalogare questi beni e sapere come trattare i materiali. Sicuramente è un lavoro che richiederà molto tempo, ma che, se valorizzato come merita, potrebbe dar vita a un percorso strutturato con una mostra e anche un libro."
Gallarate ha puntato tutto sulla fotografia quest'anno in occasione del Premio…
"Sì, finalmente ci si inizia ad accorgere della fotografia, ovviamente in ritardo rispetto al resto d'Europa. La Gam ha fatto indubbiamente un bel lavoro, soprattutto perché l'evento è stato preceduto da degli incontri che hanno preparato il pubblico in maniera adeguata. Anche gli autori esposti meritano davvero perché hanno dimostrato di possedere un linguaggio autonomo e originale per interpretare il tema del paesaggio."
Anche Castellanza però è molto attenta su questo versante, non crede?
"Assolutamente e ci tengo a precisarlo. Castellanza ha dimostrato una grande apertura nei nostri confronti nel volerci offrire una sede per le nostre mostre. Villa Pomini ci dà grande visibilità e siamo molto soddisfatti della collaborazione con l'Ufficio Cultura. Confidiamo che questa sede possa diventare un punto di riferimento per la fotografia a livello regionale, considerata la sua posizione ottimale tra Varese e Milano e la vicinanza all'autostrada e alla stazione."
Come giudica invece la situazione in provincia da questo punto di vista?
"C'è ancora moltissimo da fare. C'è un po' di fotografia amatoriale e qualche mostra qua e là, non coordinate tra loro, che disorientano il visitatore e spesso appagano solo l'autore. Non c'è un percorso strutturato, manca la volontà di approfondire un discorso come può essere quello della fotografia. E poi si parla poco di territorio, nonostante sia ricco di risorse paesaggistiche. Varese, ad esempio, ha tutti gli spazi necessari per poter organizzare un evento di fotografia che si distingua sul territorio e abbia una risonanza nazionale, europea. Ad Arles accade così ed è un paese che ha saputo semplicemente valorizzare le sue risorse e vivere di quelle."
Secondo lei perché le amministrazioni sembrano non fidarsi di questa strada?
"Ho potuto purtroppo constatare un disinteresse totale verso alcune proposte da noi avanzate. Mi lascia soprattutto deluso la mancata volontà da parte dei comuni di voler strutturare un proprio archivio del territorio. Si tratta di conservare la memoria dei luoghi, perché vediamo come il paesaggio si modifichi continuamente. Ma la cultura è spesso considerata un'attività superflua, mentre altre volte si spendono cifre esagerate per grandi mostre che prosciugano i fondi e poi non lasciano nulla. Per non parlare di mostre preconfezionate, impacchettate e pronte all'uso. Noi crediamo, invece, nella progettualità, nel creare un discorso continuativo radicato sul territorio e che appaghi dal punto di vista culturale, non solo politico, come spesso accade. Il tutto a costi minimi. Provare per credere."
Insomma, un invito a investire nella cultura…
"Io rimango convinto che la chiave vincente sia aprirsi al territorio, conoscerlo, sfruttare al meglio le risorse che offre e avvalersi, soprattutto, di persone competenti che garantiscano la qualità delle proposte culturali. Si potrebbe creare un'ottima sinergia tra l'economia di un luogo e la sua cultura. Inoltre, l'attività di catalogazione può avvalersi di finanziamenti regionali e provinciali che favorirebbero anche nuove occasioni di lavoro. Quello che serve è la motivazione necessaria da parte degli enti pubblici e la volontà di dare continuità ad un progetto."
Cosa lamenta maggiormente allo stato attuale delle cose?
"La mancanza di sensibilità verso la memoria dei propri luoghi mi lascia perplesso. Nei comuni che ho girato ho visto quantità di immagini non catalogate e che sono destinate a scomparire per sempre…fisicamente ma anche dalla memoria storica collettiva. Non viene contemplata l'idea di una documentazione d'autore. Mi viene in mente il Baff che è un grande evento per la città di Busto Arsizio. Perché al posto delle solite foto del backstage (che può fare chiunque) non fare dei ritratti in bianco e nero degli ospiti illustri che abbiamo avuto qui in città? Da immagini del genere emerge la bravura del fotografo e la personalità dell'artista. Si poteva creare un archivio interessante di ritratti di qualità e un'occasione di contatto creativo tra cinema e fotografia. Di idee così ce ne sarebbero moltissime…quella che scarseggia è la volontà di mettersi in gioco."
Qual è l'ambizione più grande?
"La mia, in assoluto, è quella di creare un museo della fotografia. Abbiamo inoltrato questa richiesta ad alcuni comuni e ora attendiamo delle risposte. E' una realtà museale che non esiste in provincia e che proprio per la sua specificità andrebbe realizzata, in modo che diventi un punto di riferimento per tutti. Dovrebbe essere un museo che riunisca tecnologia, storia e arte contemporanea, così come abbiamo cercato di fare per la rivista "Clessidra". Ciò vorrebbe dire trovare finalmente un ricovero alla strumentazione di un tempo, ora in disuso, che attualmente ci troviamo costretti a gettare via. Dovrebbe inoltre contenere una biblioteca di settore e laboratori attrezzati anche per aprirsi alle scuole. Questo richiederebbe nuove figure da inserire, quindi lavoro per i giovani, e di conseguenza la buona riuscita del progetto richiamerebbe visitatori sul nostro territorio che davvero al momento risulta poco valorizzato. Io credo fermamente che con la volontà e l'impegno tutto questo sia possibile. Al momento non ci resta che aspettare che qualcuno cominci a pensarla come noi e che decida di affidarsi alla fotografia per rilanciare la cultura, la storia e l'arte del territorio."