Dopo aver parlato settimana scorsa di Arteatro siamo andati a fare due chiacchiere con Chicco Colombo, fondatore di quest'associazione: non è stata un'intervista vera e propria, ma più un racconto di sé e della sua vita. Sotto le stelle della pittura
Che meraviglia – "Quelli che vedi – esordisce Chicco Colombo – sono tutti quadri recenti; frutto di una nuova ricerca sull'unione tra teatro delle figure e arte figurativa. Il teatro delle figure prende origine dalla vecchia arte dei burattini costruiti in legno, poi trasformati in soggetti bidimensionali fatti di carta o cartone. La scelta artistica della nostra associazione di unire l'arte figurativa è stata voluta in seguito ad incontri particolari con artisti stranieri che lavorano sulla carta; questa sintassi figurativa concepita in tutti i modi: strappata, trattata, colorata, incollata".
Da qui l'artista che in provincia di Varese è sinonimo di arte dei burattini ripercorre la lunga sequenza dei suoi lavori più recenti: "Un ciclo di spettacoli, iniziato con "Cartina", poi "Numerino", poi "Storie numerose" e di recente "Il giardino di Mirò". Tutti questi spettacoli vedono protagonisti burattini di carta. Parallelamente a questa produzione teatrale abbiamo fatto dei lavori pittorici, in particolare abbiamo lavorato sui numeri, protagonisti della scena e dei quadri partendo da un libretto che avevo scritto. "
Incontri con artisti? Qualcuno in particolare? – "Fondamentale per l'avvio di questa sperimentazione è stato l'incontro con un'eccezionale artista: Kveta Pacovska che ho avuto il piacere di incontrare a Venezia. Abbiamo anche parlato della possibilità di fare uno spettacolo insieme, ma visti i suoi 78 anni è rimasta solo un'idea. Da allora, la mia arte si rifà molto alla sua. Questa conoscenza è stata per me come una molla; mi ha fatto capire che teatro della figura e arte potevano legarsi, creando così occasioni pedagogiche per bambini principalmente. Oggi io dipingo solo per il teatro, e ciò mi rattrista, ma sono felice di lavorare a quest'unione che crea sviluppi continui".
Perché Arteatro?
"L'obiettivo è quello di coinvolgere più linguaggi possibili. Non lavoriamo più per creare spettacoli, ma per realizzare progetti che prevedono diverse parti: uno spettacolo, una mostra, un libro, dei laboratori. Non per forza in questa successione, sono cose staccate tra loro che formano poi un unicum. È un work in progress. Non tutte le realizzazioni sono composte dai diversi elementi, diciamo che questo è l'obiettivo finale. Stiamo per esempio riuscendo meglio con "Il giardino di Mirò", essendo il nostro ultimo spettacolo, avevamo ben chiari i passaggi del progetto e quindi risulta attualmente la realizzazione più completa da questo punto di vista. Quindi riassumendo: punto fondamentale l'intreccio di linguaggi che coinvolga anche la musica, che, a livello drammaturgico è fondamentale e anche mezzi moderni come video, computer e grafica. Infine per quanto riguarda i libri pensavamo di riuscire ad affidarci a piccole case editrici per auto-produrli in modo da lasciare tracce tangibili del nostro passaggio. Per proseguire su questa strada e coinvolgere sempre più teatro e arte cercheremo anche di lavorare su artisti meno conosciuti e non sui soliti bravi che tutti riconoscono."
Raccontaci di te.
"Che dire… mi spiace un po' che nessuno mi conosca, nonostante le interessanti occasioni espositive… Partiamo dall'inizio, io ho sempre amato l'arte e il teatro anche se la mia formazione non è stata proprio accademica. Da ragazzo ho frequentato l'ITIS di Varese e dopo esser diventato perito tessile ho lavorato per un periodo in una tessitura come disegnatore, mi incantava l'intreccio dei fili colorati del telaio. Volevo in realtà fare il Liceo Artistico, ma provenivo da una famiglia umile e serviva frequentare una scuola che ti formava per un lavoro concreto. Il teatro è sempre stato il primo tra i miei hobby, che si è concretizzato successivamente. Ho frequentato la scuola del Piccolo Teatro di Milano e mi sono specializzato in Pupi, Marionette e Burattini, ho poi lavorato al Teatro del Sole che era una compagnia di teatro ragazzi storica, parliamo dell'inizio degli anni Settanta. Che periodo! Era tutto un fermento d'iniziative e c'era una mentalità diversa, s'investiva sulla cultura, sull'arte e sui giovani…
In seguito sono stato allievo di pittura di questo Pierluigi Talamoni, pittore sconosciuto a Varese, ma bravissimo, di stampo impressionista, non molto innovatore, figlio di Giuseppe inventore della maschera varesina del Pingirometta. Ho passato nove anni con questo artista, cinque in una scuola serale, molto impegnativa e quattro presso il suo studio. Ho imparato a disegnare e scolpire."
Quando l'esordio personale?
Nel 1977 ho costruito il mio primo teatrino… sono passati trent'anni! E adesso nuove sfide, con l'associazione che voglio coinvolga sempre gente giovane. Lo scopo è quello di tenere in vita un gruppo di persone con forte interesse artistico. Oggi è tutto diverso per i giovani, io avevo occasioni di formazione sottomano, fruibili, contributi che mi hanno fatto crescere in più direzioni. L'ambiente artistico è attualmente molto chiuso, soprattutto Varese, non regala molte possibilità. Lavoriamo anche per questo motivo con i più piccoli, per contribuire a creare una mentalità diversa, nuova. Puntiamo molto anche alla stabilità perché a dispetto dei singoli eventi che attirano molto pubblico da prima serata, a noi piace attuare un programma per costruire occasioni culturali e formative che perdurano nel tempo. Questo, unito ad una profonda fiducia nei giovani, è uno dei nostri punti di forza e spero diventi l'obiettivo di molti".