Il ruolo culturale dello scultore Bambaia nell'ambiente milanese del primo Cinquecento – Nell'elegante volume (edizioni Skira) di Maria Cristina Loi che approfondisce le vicende del Palazzo Stampa di Soncino, a pochi passi dal Duomo di Milano, viene ribadito il ruolo di riferimento che un grande scultore ammirato anche dal Vasari – Agostino Busti detto il Bambaia, quasi sicuramente di origine bustocca – ebbe nell'ambiente artistico milanese del primo Cinquecento e, in particolare, per il progettista dell'edificio, con tutta probabilità Cristoforo Lombardo: fu questo interessante architetto e scultore a conferire assetto solenne e colto al cortile maggiore, all'esedra e alla torre a tre parallelepipedi sovrapposti e decrescenti, diventata da subito l'emblema del palazzo. Proprio l'"aggiornamento classicista" riscontrabile in taluni caratteri di questo aulico edificio potrebbe derivare dal Bambaia, che era stato a Roma e che, ritornato in patria, offrì opportuni esempi di classicismo assimilato nei monumenti funebri di Lancino Curzio e di Gastone di Foix, dove é documentata la presenza di Cristoforo Lombardo accanto al maestro bustese.
I Buzzi da Viggiù e la loro collaborazione con i maestri pittori del barocchetto – Ancora uno scultore, anzi una famiglia di scultori: i Buzzi da Viggiù, che nel Settecento realizzarono per le chiese della Lombardia e del Canton Ticino bellissimi altari di prezioso gusto barocchetto. Ne scrive Susanna Zanuso sul catalogo, edito da Skira, della mostra dei pittori Ligari, ancora aperta fra Milano e Sondrio, rilevando i rapporti tra Pietro e Cesare Ligari e Carlo Gerolamo, Giuseppe ed Elia Vincenzo Buzzi che avevano bottega alle spalle del Duomo, in Camposanto. Pietro Ligari approntò i disegni per altari delle chiese di Sondrio, Morbegno e Grosio, realizzati poi nel marmo, sovente con grande libertà, dai Buzzi, mentre toccava ad Elia Vincenzo modellare statue di angeli e di santi. Anche il figlio Cesare mantenne rapporti di collaborazione coi maestri di Viggiù e si avvertono singolari affinità fra le sue opere e quelle di Elia Vincenzo, diventato nel frattempo protostatuario del Duomo milanese. Non furono tuttavia, come si sa, solo i Ligari a collaborare in modi stimolanti con i Buzzi (meritevoli davvero di una monografia che puntualizzi i loro interventi), bensì anche altri maestri come il Magatti per l'altar maggiore di San Vittore a Varese ed il Bellotti per quello di San Giovanni a Busto Arsizio, dove veramente il barocchetto trionfa con la sua grazia, la sua eleganza, il suo virtuosismo.
Il giardino inglese del castello Sopranzi a Tradate, un primario esempio progettato dallo Jappelli – In un libro di Annamaria Conforti Calcagni, suggestivo già nel titolo Bei sentieri, lente acque (Milano, Il Saggiatore), tra i giardini del Lombardo-Veneto concepiti "all'inglese", si parla diffusamente di uno a Tradate. Ne fu autore Giuseppe Jappelli, noto ai più per il complesso del caffè Pedrocchi a Padova; egli, davanti al neogotico castello di proprietà di Agostino Sopranzi, figura di spicco nell'ambiente milanese del Risorgimento, dispose un tracciato di sentieri continuamente sinuoso e mutevole, evocando un mondo fantastico ed allusivo (anche della massoneria a cui sia il proprietario sia Jappelli erano affiliati), capace di evocare sentimenti forti, fin inquietanti, merito anche di evocativi padiglioni studiosamente disposti. Peccato che di tutta questa meraviglia ora, come avverte la scheda compilata da Francesco Monicelli, ben poco sussista così che l'atmosfera carica di densi riferimenti voluta da Agostino Sopranzi e da Giuseppe Jappelli si può recuperare, a fatica, solo nelle stampe che corredano alcuni libri dell'Ottocento che illustrano le terre del Lombardo-Veneto.