GoyaFrancisco Goya, Il manicomio, 1812-14, Madrid,
Real Academia de San Fernando

"Lei pensa che la sua mente abbia qualcosa che non va? No signore, è una meravigliosa stupenda macchina della scienza". Uscito nel 1975, Qualcuno volò sul nido del cuculo (One Flew Over the Cuckoo's Nest) ha segnato la storia del cinema nella trattazione di un argomento molto delicato come quello degli ospedali psichiatrici; come quello del difficile equilibrio tra alienazione mentale, furore, cura, mania e disordine; tra follia e ricerca di normalità. L'arte ha raffigurato tutto questo, dimostrando un ulteriore punto di contatto con la medicina: il tentativo di conoscere la realtà, la fenomenologia superficiale con cui il mondo si rende visibile, per poi scendere "sottoterra" alla ricerca di significati. Come a dire: dalla pelle al midollo, dalla crosta superficiale al cuore delle cose.

Madhouse – Il manicomio, lo stato di infermità e di

SSergei Chepik, Il manicomio, 1987,
Londra Collezione privata

disagio mentale, oltre che fisico, si sono spesso trovati al centro di opere d'arte tanto antiche quanto moderne. È di Telemaco Signorini La sala delle agitate al San Bonifazio di Firenze (1865, Galleria d'Arte Moderna Ca' Pesaro di Venezia), uno spaccato di quello che si può definire un proemio dei moderni ospedali psichiatrici. Tra agitazione aggressiva e solitudini incolmabili e mai comprese, anche Francisco Goya si è calato in Manicomio, così come Sergei Chepik, in un dipinto nel quale i malati psichici occupano gli spazi di una vecchia chiesa abbandonata. Nel 1970 l'artista russo si reca, su invito di un amico medico, in un istituto psichiatrico per studiare gli effetti dell'attività artistica sul comportamento dei degenti. Il governo dell'Unione Sovietica proibì l'esposizione del quadro realizzato nel 1987 e l'anno dopo Chepik lasciò la Russia per stabilirsi a Parigi.

Antica sapienza popolare, fraintendimento tra malattia e salute e dubbio esistenziale e di coscienza. È del 1480 l'Estrazione della pietra della follia di Hyeronimus Bosch. Il tema si rifà al detto popolare che indicava i pazzi come coloro che hanno un sasso nella testa. Così, il chirurgo-ciarlatano è rappresentato chino sul paziente, intento all'estrazione e indossa un copricapo a forma di imbuto, simbolo di stupidità, qui usato come pesante critica mossa contro chi crede di sapere ma che, alla fine, è più ignorante di colui che deve curare dalla «follia». E allora ecco la domanda: chi è veramente sapiente, chi è folle, chi medico?