Verde veleno e quel sapore amaro che ti sale al cervello come l'odore acre della mostarda. Il dipinto di Adriaen Brouwer, conservato a Francoforte (Stadelsches Kunstinstitut) pare un frame, un fermoimmagine filmico, sottolineando quanto il viso e la mobilità di ogni singolo muscolo siano fondamentali e bastanti per una comunicazione non verbale.
Anton Cechov soleva dire: "La medicina è la mia legittima sposa, mentre la letteratura è la mia amante: quando mi stanco di una, passo la notte con l'altra".
A quelle smorfie ineguagliate, a quegli attimi fuggevoli in cui i muscoli si contraggono e il volto cambia espressione, gli artisti hanno dedicato, da che mondo è mondo, anima e corpo. Così sosteneva Leonardo: "Il buon pittore ha da dipingere due cose principali, cioè l'uomo e il concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo è difficle, perchè si ha a figurare con gesti e movimenti delle membra: e questo è da essere imparato dai muti, che meglio li fanno che alcun'altra sorte d'uomini". La comunicazione per via di gesti, espressioni, sguardi, non è semplice surrogato della comunicazione verbale ma suo degno e più efficace sostituto. E per Leonardo – autore delle Teste buffonesche raccolte nel Codice Trivulziano di Milano – il disegno non è semplice forma di comunicazione ma vero e proprio strumento di indagine e di comprensione sulla e nella realtà.
In medicina la facies è l'insieme delle caratteristiche di un volto che nei tratti somatici e nell'atteggiarsi contribuiscono ad identificare tratti tipici e distinguibili di una patologia. Il dolore ha il suo posto d'onore tra gli effetti speciali descritti dagli artisti. Le variegate espressioni del corpo e del volto da sempre costituiscono campo di indagine e di interesse, banco di prova e possibilità di fissare, in un attimo del tempo, un moto psicologico.