Carlo Adelio Galimberti è un teorico dell'arte di spessore. Una guida, un ragionatore di estetiche. Consulente anche di riviste di storia del disegno e di incisione antica, esperto di questioni iconografiche, oltre ad avere, naturalmente un lungo curriculum espositivo alle spalle.
Tutto ciò emerge in chiaro anche da questa sua presenza, rinnovata, in Galleria Armanti, dove è non è nuovo, con il suo ciclo ultimo di lavori. “La nave dei folli”, con catalogo con testi di Flaminio Gualdoni e Fabio Galimberti.
In tutto il suo percorso pittorico, disposto e scandito da cicli, la memoria e la prassi si inerpicano lungo le eredità fondative del pensiero occidentale: il mito, la filosofia di Platone, l'iconografia più immediatamente riconoscibile della pittura italiana ed europea cinque seicentesca.
In questo intrecciarsi di suggestioni letterarie e vere e proprie citazioni, Galimberti da anni va ripetendo le sue opere allegoriche, quasi denunciatarie – esemplificative furono fin dai lontani primi anni Novanta proprio le opere del ciclo "Allegorie dell'Occidente".
Già allora le figurine del passato si inserivano, con più o meno naturalezza, in contesti stranianti. Così accade in questo viaggio sulla nave dei folli, dove Caravaggio, Delacroix, Courbet, Bosch, David, Turner, Rossetti, vengono desunti accademicamente e infilati in composizioni che difficilmente arrivano tuttavia a scatenare emozioni, se non appellandosi a quella che in catalogo è definito il “continuum eterno del mito” giocato sul presupposto di una ostentata “aristocrazia intellettuale”.
Forse meno pretenziosi ma più accorati, i paesaggi lombardi dell'altro artista in mostra, il siciliano di Pachino, trapiantato a Varese da molti anni, Giuseppe De Luca che porta all'Armanti, opere realizzate per l'occasione: soprattutto vedute paesaggistiche, del Rosa e del lago di Varese.
Niente di descrittivo, solo baluginio di luci, increspature di colore spesso, materia grassa e fresca, striature celesti in lontananza distese in spaziature che non conoscono frammentazioni. Non a caso già in gioventù Vittorio Tavernari, presentandolo nel 1981 scrisse di lui: “(..)E così sono i suoi paesaggi, non sono caratterizzati i particolari, ma vi sono compresi in un unicum compositivo, cielo, e terra, sempre accennate con pennellate ampie e distese. Si potrebbe evocare a questo punto un grande pittore, come Turner, che Deluca ama molto, e al quale, in parte, proprio per questa sensibilità, il nostro, si ispira”.
E' passato del tempo, da allora. Le pennellate si sono fatte più rapide, più veloci, la materia si è consumata, ma quell'avvolgimento atsmoferico, da densa coltre lombarda è rimasto intatto.
Carlo Adelio Galimberti “La Nave dei folli” – Giuseppe De Luca “Paesagi lombardi”
Galleria Armanti
Via Avegno 10 marzo – 12 aprile 2007
orari: 9.30-12.30/15.30-19.30
chiuso lunedì, domenica su appuntamento
info: 0332-231241