Comincia oggi la serie di quattro puntate dedicate a uno dei paesi più magici, misteriosi e affascinanti che mi sia capitato di visitare in questi anni di Viaggiator Curioso: Il Myanmar.
Una delle caratteristiche che per prime saltano all’occhio di chi si addentra in quelle terre è l’enorme presenza di monaci. Ogni birmano infatti prende parte alla vita monastica almeno due volte nel corso della propria esistenza terrena: la prima, tra i cinque e i quindici anni, come “Samanera” (novizio), la seconda volta, dopo i 20 anni, come “Pongyi” (monaco che ha preso i voti).
Per i Monaci, in Birmania, non è assolutamente degradante vivere di elemosina, procurandosi quel poco di cui hanno bisogno mendicando. In realtà, ricevere un’offerta è un regalo che loro fanno a te: in questo modo avrai compiuto un’azione che ti porterà all’acquisizione di meriti per avvicinarti al Nirvana. Tutto ciò che loro possiedono è un dono: tre pezzi di stoffa che compongono le tuniche, un ombrello di carta per il sole, le ciabatte, un rasoio, una tazza, un colino per togliere gli insetti dall’acqua, in modo da preservare loro la vita e il Thabeit, il cesto per raccogliere le offerte. I Monaci sono l’anima del popolo birmano e anche ai giorni nostri continuano a mantenere un’enorme importanza sociale.
Per capire la Birmania è indispensabile entrare in sintonia con i principi del buddhismo (o almeno provarci…). Qui di seguito trovate tre frasi per iniziare:
La bellezza non ha senso se non è condivisa con qualcuno. [George Orwell, Giorni in Birmania, 1934]
Imparare a lasciare andare dovrebbe essere appreso ancor prima di imparare ad ottenere qualcosa. La vita dovrebbe essere sfiorata, non strangolata. Devi rilassarti, lasciare che a volte accada quello che deve accadere e permettere agli altri di fluire con te. [Ray Bradbury]
Nessuno ci salva, tranne noi stessi. Nessuno può e nessuno potrebbe farlo. Solo noi dobbiamo percorrere il nostro sentiero. [Buddha]
Ecco le tappe del viaggio in Birmania di 12 giorni: Yangon (Rangoon) Buddha Sdraiato (Chaukhtatgyi Buddha), Buddha Seduto (Ngahtatgyi Buddha), Scott’s Mark, Sule Paya (pagoda rotonda), Shwedagou Paya, Mingun Mingun paya, Mya Thain Tan Paya, Mingun Bell, Mandalay, Tempio Teak Skwenandow, Mandalay Hill, Tempio Mahamuni, Sagain Hill, Umin Thounzeh, Soon u Ponya, Amarapura (monastero buddhista) Maha Ganayon Kyaung, Inwa Ava Bagaya Kyaung, Amarapura bridge, Discesa del fiume Irrawaddy in battello, Bagan (Shwezigon paya, Kyanzitthaumin, wetkyi-ingubyaukgyi, Alodaw pyi temple, Hti Lominlo Patho, Botteghe artigianali produzione di lacca, Shwesandaw Paya, Ananda Patho) Escursione al monte Popa, Shwesigon Paya, Old Bagan, Gawdaw palin patho, Sulamani Patho, Kalaw, Lago Inle (attraversata in barca), Phaung daw do paya, Inthein, Nyaung Ohak, Shwe Inthein Paya, Alodaw pauk pagoda anampan, Pagoda dei gatti che saltano, Orti galleggianti, Tempio delle finestre ovali, Kakku, Villaggio tipico dell’etnia pa-o.
La stagione in cui è stato compiuto il viaggio è a cavallo tra dicembre e gennaio, forse l’unica lontana da monsoni e da temperature soffocanti.
Riporto infine un primo estratto del mio racconto “MoonSoon” tratto dalla raccolta “Strade Stralunate” del 2016: “La Birmania è uno scrigno di silenzio, è un insegnamento straordinario per la vita, soprattutto quella occidentale. Tutti sembrano voler bene a coloro che hanno più bisogno. I beni superflui rendono superflua la vita (questo l’ha detto Pasolini e prima di lui, forse, S. Francesco). I popoli qui convivono in una delicata e impercettibile armonia con la Natura, che mantiene fresche, spontaneamente, peculiarità e tradizioni, lontano da quella omologazione consumistica che vorrebbe rendere tutti ugualmente scontati. E soprattutto, qui non hai fretta di andare da nessuna parte.”
Ivo Stelluti,
Il Viaggiator Curioso