Ci siamo solo noi in mezzo al nulla. Niente case, Segnali di Vita, esseri animati. Nemmeno una capra.

Il D.E.S.E.R.T.O. è un unico immenso respiro, un inizio che potrebbe risultare sempre uguale a se stesso: non sembra aver mai bisogno di cambiare. Eppure si ha quasi l’impressione di sentirne il suono minimale, essenziale, confidenziale. Un Om, una lieve modulazione, continua, ondulata, il canto flessuoso e ninfale del vento che rimbalza tra le pietre. Il Principio della Poesia…

Questa terra di apparente vuoto ti entra dentro, abbatte i pregiudizi, ti arricchisce. Desideravo tornare qui [ancora una volta]. E’ come se mi fosse mancata la luce ocra delle dune per riuscire a dipingere qualcosa di buono.

Non si tratta di verificare l’effettiva bellezza di un luogo, poiché questa è cosa già nota, si tratta di mettere il piede dove, forse, fino a qualche decennio fa, solo tre o quattro occidentali erano passati. Non so se mi spiego.

Desert Desire. Desiderio di Deserto: si annulla il bisogno che ci debba necessariamente essere qualcosa da distinguere all’orizzonte. La nostra pigrizia europea consiste nell’imbottirsi di attività compulsive che non lasciano il tempo di occuparsi delle cose serie.

Qui, invece, imparare ad ascoltare la vita è sperimentare quel lasciar correre che ti permette di scorgere l’immenso dietro le rocce.

C’è un’atmosfera sospesa che sembra incedere, solo seguendo qualche ritmo di passi
che sprofondano per due o tre morbidi centimetri nella sabbia. Intuisco la pazienza delle montagne nello stare ad ascoltare i nostri pensieri che danzano sulle labbra del Ghibli, Vento di mezzogiorno.

Disconnect yourself to connect to the Nature” recita un cartello e Abdallah aggiunge a gran voce dalla cabina del fuoristrada, a noi che siamo aggrappati dietro, in balia del vento e delle curve: “Staccate i cellulari, fate perdere le vostre tracce. Siete nel Deserto della Luna: il Wadi Rum!

Piccole pietre basaltiche frammentate al suolo donano lucentezza fiabesca alle lievi irregolarità dell’altopiano.

Ci sono voluti milioni di anni e una tettonica a placche particolarmente vivace per creare quello che oggi è un caleidoscopio di meraviglia. Colossali movimenti della crosta terrestre hanno sospinto in superficie possenti massi di arenaria modellati poi dagli agenti atmosferici nei secoli per dare vita a nicchie, pinnacoli e maestose formazioni emergenti da un mare fatto di polvere che, a seconda della luce, è in grado persino di mutare il suo colore, dal bianco al rosa, dal rosso all’arancio.

Ad un certo punto, come sul più bello di un film di Indiana Jones, il fuoristrada di Abdallah si incaglia paurosamente dentro una duna di sabbia.
Non va più né avanti né indietro.
In un primo momento pensiamo che l’autista abbia fatto apposta, magari per mettere un po’ più di brivido alla nostra già avventurosa escursione. Ma poco dopo capiamo che non è uno scherzo: sembra seriamente preoccupato.
Scendiamo dal mezzo e iniziamo a spingere.
NULLA SI MUOVE_
Ci guardiamo intorno – ovviamente non c’è nessuno.
Cominciamo a ridere e anche lui pare contento, perché capisce che non l’abbiamo presa poi così male.
Fortunatamente, dopo alcuni tentativi mal riusciti, la situazione si sblocca e il mezzo riprende bofonchiando il suo cammino.
Accogliamo il risultato con un tripudio di gioia, urla, applausi e pacche reciproche sulla spalla.
Poco dopo però incontriamo un bivio:
la traccia che stiamo seguendo, senza motivo, si biforca in due direzioni assolutamente identiche, che paiono divergere all’infinito senza motivo.
Il nostro autista si ferma al limitare della diramazione.
Pensa assorto e guarda incerto per alcuni lenti istanti. Come se annusasse la situazione.
Poi la decisione: andremo da quella parte.
Inspiegabilmente non ha seguito nessuna delle due direzioni ma con la Jeep ha cominciato a percorrere il wadi che scende rapido sulla sinistra, lungo il quale però, non c’erano tracce del passaggio di altri mezzi. Abbiamo fiducia nel nostro uomo e non aggiungiamo nulla.
Poco dopo ritroviamo la pista principale. Abdallah ha seguito la traccia dell’acqua: era la strada più breve per scendere dall’altura. E lui lo sapeva.

Raccoglierai una pietra del deserto, osservane i colori cangianti, puoi farci una collana, se vuoi. Ma quando qualcuno ti chiederà dove l’hai comprata, risponderai “Me l’ha regalata la Natura!

Cerco di rapire con gli occhi ogni cromatismo di quest’arenaria, mentre Abdallah ad ogni sosta, ci narra tutti i particolari del SUO ambiente naturale con la poesia di un Hakawati, i cantori di vicende fantastiche della tradizione araba, che illuminano ancora questo pezzo di mondo con musica e parole pregiate. Racconta storie in continuazione, passando dalla vita dei rettili nel deserto, alle scorribande degli antichi nomadi, all’attentato al Castello di Karak del 18 dicembre 2016, in cui lui stesso è stato ferito dagli uomini folli dello Stato Islamico, mentre cercava di mettere in salvo un pullman di turisti.
Spesso si sofferma a descrivere le differenze tra una vita tradizionale, ancora permeata di valori saldi e un’epoca moderna, per lui ancora indecifrabile, in cui i princìpi di un tempo vengono spesso calpestati.

Quasi tutti i beduini1 ormai possiedono una casa di mattoni ma a volte, nel cortile, hanno comunque piantato una tenda. La usano i capifamiglia anziani per dormire, perché la casa di mattoni è sempre gelida d’inverno e troppo calda d’estate.
Eccone una!

Dal suo modo di narrare si percepisce un retrogusto un po’ amaro, quasi rimpiangesse un’età antica che non c’è più, senza essere troppo convinto di un presente, che pure lo affascina e lo sorprende.
Assout” è un termine tuareg che rimanda ad un sentimento contrastante di nostalgia e benessere una sorta di Saudade del mondo arabo, condita però, da note di speranza e positività.

Riporto, in traduzione libera, un riassunto delle sue parole, pronunciate di fronte alla incisioni rupestri del Canyon Khazʿali:

Il progresso, dalle vostre parti, sembra essere soltanto un possesso di oggetti, una sterile scalata di obiettivi, prestazioni, tornaconto, guadagni; vale solo il risultato, veloce ed immediato. E’ immortalità illusoria, un appagamento effimero, che sfugge come sabbia tra le dita di un pugno stretto… guardate! [Prende della sabbia e la stringe nella mano]. Non sperate vi possa bastare.
Avremmo bisogno invece tutti di amore quotidiano, semplice, costante. Di spargere brezza di gioia. Il benessere dipende dalla profondità del sentimento che vi ha spinto a compiere una determinata azione e dal significato delle relazioni che siete riusciti ad instaurare con la vostra stessa anima e con chi vi circonda. Se sarete in grado di dare un significato allo sforzo, all’impegno e soprattutto se sarete capaci di trasmettere agli altri quello che avete imparato, riceverete una grande ricompensa. Questo sarà più appagante di qualsiasi guadagno. Quando vi si presenta una scelta, un bivio, prendete LA TERZA STRADA, quella che nessuno ha ancora percorso, fidatevi del vostro intuito, cercate di realizzare qualcosa di migliore rispetto a ciò che vi ha preceduto.
CREATE UNA PISTA: insegnate agli altri la via del perdono, della gratitudine. Se ogni giorno mostrate al cammello dove si trova il pozzo, il giorno del viaggio il cammello si sarà già dissetato e vi porterà a destinazione. Abbeveratevi di cultura di fraternità, siate messaggeri di meraviglia con tutti, indistintamente. E il prossimo mondo sarà sicuramente diverso da questo che abbiamo ora.”

Non avevo capito di aver incontrato Gesù con i Ray-ban, su di un fuoristrada in pieno al deserto. Ringrazio, saluto e prometto di mandargli le foto della sua auto incagliata sulla duna, via WhatsApp.

Il Viaggiator Curioso,
Wadi Rum Desert, Giordan, 26 april 2017