L'incontro in galleria – Bruno Corà torna a Varese. Dopo la collaborazione in autunno alla mostra promossa dagli Amici di Piero Chiara su Willy Varlin, il noto storico dell'arte, attualmente in carica come direttore al Museo d'arte moderna di Lugano, è stato ospite della duetart gallery. Motivo dell'incontro è stata la proposta espositiva fatta dalla galleria un po' di mesi fa, con "Proposizioni per una genealogia", una collettiva a tre che ha visto esporre i lavori del varesino Claudio Citterio insieme ai suoi colleghi, Luisa Protti e Diego Morandini. Il trio, che fa parte della Casa degli artisti di Milano, ha ricevuto anche in altre occasioni l'interesse di Corà che è tornato con piacere a confrontarsi con loro. Una lunga conversazione di ampio respiro, quella che si è tenuta sabato 6 marzo negli spazi della galleria, un dialogo ed un confronto che muove dalla riflessione sull'attuale situazione dell'arte contemporanea.
Una diatriba attuale – Due i punti fermi dai quali è partita l'analisi di Corà. "Bisogna confrontarsi oggi con la fase culturale ed artistica che attraversiamo e capire come si sta diffondendo il lavoro artistico" ha affermato il critico che è entrato subito nel vivo dell'argomento: "è in atto un processo dissolutivo e degenerativo dell'opera d'arte, segnalato anche da diversi artisti". L'arte deve essere
qualcosa che va al di là della percezione sensibile di ciò che viene prodotto dalle mani dell'artista, l'opera non è merce e non deve essere schiava del mercato. Questo si percepisce dalle parole del critico che ha proseguito: "Quanto oggi l'arte ha autonomia dal punto di vista della necessità d'essere? E quanto è investita da cose che le sono per natura estranee?" si domanda Corà. A comporre un'opera c'è l'artista, la sua sensibilità, lo spazio in cui crea, il materiale che usa, la riflessione che compie e pochissimi altri elementi; tutto quello che si aggiunge è esterno alle necessità dell'arte.
Artisti pavidi o audaci? – "Troppe figure, anche non richieste, sono entrate all'interno della creazione artistica – continua Corà – L'ambiente esterno, ampio ed articolato ha dato così vita ad artisti deboli, con poca forza che
seguono la moda senza osare. L'arte è per sua natura irrompente e sovversiva. C'è invece oggi una mancanza di coraggio a guardare l'epoca attuale, basta vedere tra i musei e le gallerie quante volte vengono proposte mostre di autori morti da tempo che, anche se di sicuro valore, fanno parte della storia non della contemporaneità". A questo si aggiunge l'andamento di un mercato che vede sempre più nell'opera d'arte un bene di rifugio ma "l'arte non ha questo fine – prosegue il direttore – nasce per piacere, ha un fine educativo, di bellezza, di arricchimento dello spirito. Se si seguono le ultime aste ci si rende conto che è in atto una finanzializzazione dell'arte, l'opera viene trattata come un'azione".
Un legame indissolubile – "Per una mostra che ho seguito tempo fa a Bologna, nella quale hanno esposto anche Protti, Citterio e Morandini, ho deciso di invitare gli artisti ad aiutarmi a capire che cosa fosse essenziale all'arte" prosegue Corà "Volevo capire da dove partiva questo malessere che è percepito anche dagli artisti. In questa mostra c'era un'opera di Luciano Fabro che rispondeva bene al mio quesito. Si trattava di una sorta di intercapedine realizzata con le due sagome dell'Italia stiliazzata e ancorata a dei battenti in ferro" continua Corà "era una sorta di porta, di soglia che si poneva tra delle opere del passato (lavori di garndi maestri come Manzoni, Medardo Rosso…) e le opere dei tre giovani". Lopera di Fabro creava così una continuità tra ciò che aparteneva a 'ieri' e ciò che è testimonianza dell'oggi. "Non è possibile pensare ad un lavoro senza coniugarlo al prima e al dopo" continua il critico "c'è un rapporto sanguigno di continuità".
La difficoltà dell'artista – Molto buona la risposta del pubblico che è accorso numeroso all'incontro organizzato dal gallerista Antonio Cardillo. Anche i tre giovani artisti sono intervenuti ampliando l'intervento di Corà e mettendo in evidenza alcuni aspetti della loro personale ricerca. Secondo lo stesso Corà a questi giovani, così come a tutti i creativi contemporanei cui spetta il nome di artisti, tocca un compito non facile: "L'artista attraverso la sua sensibilità, che è maggiore e più acuta rispetto alla nostra – ha affermato il critico – deve permetterci di vedere il nuovo, di percepire la novità. Per far questo deve conoscere l'oggi, vivere nella contemporaneità e farsi protavoce della propria epoca".