Il Museo della civiltà contadina ha compiuto, in aprile, 30 anni. Grazie alla lungimiranza di chi ha voluto e creduto in un museo a Stabio, in 35 anni di lavoro e 30 di apertura al pubblico molte iniziative hanno preso corpo trasformandolo in una specie di piccolo centro di documentazione che comprende: biblioteca, videoteca, fonoteca, emeroteca. Inoltre archivi arricchiti negli anni di manoscritti preziosi per il loro valore storico-sociale, documenti del passato, raccolte di tutto quanto viene via via pubblicato sugli usi e i costumi della nostra gente, sul nostro ambiente, sulle nostre attività. Ricercatori e studenti hanno così trovato e potuto consultare pubblicazioni specialistiche e materiale inedito dedicato al mondo rurale.
Il continuo afflusso di oggetti e di documenti è stato via via sempre più importante. Basta ricordare che le collezioni nei magazzini del museo hanno ormai superato i 15 mila "pezzi". Per gli oggetti ospitati nei nostri magazzini che non possono trovare posto nella collezione permanente, si affrontano di volta in volta secondo le necessità, interventi di conservazione e restauro. Questo modo di operare ha permesso di
organizzare ben 36 mostre tematiche, che sono state per il pubblico un importante stimolo a rivisitare il museo per scoprirvi sempre nuove cose.
L'intenzione della "mostra del trentesimo" è proprio quella di presentare al pubblico, attraverso gli attrezzi di una dozzina di mestieri molto diversi fra loro, una parte delle nostre numerose collezioni e dare l'idea della grande quantità di oggetti che le compongono. Con il termine
mestieri intendiamo quelle attività o professioni artigianali già scomparse o che stanno scomparendo, o che comunque dagli anni Sessanta del secolo scorso sono notevolmente mutate, travolte (o stravolte) dalla evoluzione e dalla modernità.
I mestieri artigianali riguardano il lavoro manuale che alla produzione funzionale affiancano quella di manufatti unici e perciò di maggior valore rispetto ai prodotti di serie odierni. Manufatti nei quali ritroviamo la memoria dei padri, il "testo" dei tempi in cui la confidenza tra la mano e la materia, tra polpastrello e superfici, tra polso e attrezzo, era prolungamento dell'intelligenza. Dei tempi in cui l'uomo, fin da bambino, aveva l'opportunità di compiere liberamente esperienze con vari materiali e strumenti, e "imparava facendo". Dei tempi in cui il mondo non era tutto "progettato" perchè "l'uomo rurale" era dotato "naturalmente" del mestiere/talento per provvedere efficacemente la via che doveva prendere per realizzare l'oggetto desiderato. Negli anni le mani degli artigiani raggiungono così un grado di abilità molto elevato e la capacità di tagliare pietre per un architrave o un muro, forgiare un ferro di cavallo, ideare un mobile o anche solo di intagliare un mestolo o un cucchiaio di legno, è indispensabile l'intervento dell'intelligenza, "prolungata" nell'attrezzo.
E allora, con questa mostra, libero spazio agli attrezzi e agli strumenti di lavoro!